IL FOLTO NEL FONDO
Il folto nel fondo
si nasconde
nella trasparenza della superficie.
Scovarlo non puoi
con cesoie e grimaldelli.
IMPRESSIONISTI
Ai quattro angoli della terra prendevano
sottobraccio scatola e pennelli, chiudevano
dietro di sé l'uscio di casa e s'arrampicavano
verso un punto di vista; affacciati
su pianori, laghi e campi lasciavano
che aria e luce infondessero loro
il coraggio dell'immaginazione; finché
affamati e perlopiù insoddisfatti lanciavano
un ultimo sguardo ai paraggi così traditi,
e rincasavano. Magro companatico,
in quelle sere senza fuoco, l'immaginazione.
Solo l'amore per il tragitto, per l'odore dei colori
li spingeva di nuovo fuori.
Daniele
mercoledì 13 maggio 2015
giovedì 12 febbraio 2015
Soleado
Avevano passato una bella serata in
quella ridente cittadina sul mare.
C’era molto turismo nel periodo
estivo, gente di ogni parte del mondo veniva in questa piccola località
attirata dal mare pulito, cosa ormai rara sulle nostre coste e dalle molte
possibilità di divertimento; discoteche, locali aperti fino a tarda notte, luna
park, parchi giochi a tema e tante altre cose. Anche loro, data la fortuna di
abitare a pochi chilometri, venivano spesso a intrattenersi con questi
divertimenti.
Entrarono presto nel 23 NERO, il
locale più frequentato dai giovani, dove passavi le ore in maniera piacevole
bevendo birra, ascoltando musica e guardando film, sport e video proiettati su
decine di teloni sparsi nel locale.
Avevano fatto amicizia con un gruppo
di ragazzi e ragazze irlandesi, riuscivano a conversare usando gli uni un
inglese mal parlato e gli altri un italiano scarso, ma per questo ridevano e
scherzavano prendendosi in giro per il loro modo di parlare, e bevevano.
Bevvero troppo, lasciando molti boccali di birra vuoti sul tavolo, gli
irlandesi erano abituati a bere e pur avendo bevuto la solita quantità di
birra, sembravano più sobri di loro.
Anche questa volta il 23 NERO non li
aveva traditi, li aveva fatto trascorrere delle ore spensierate, ma era tardi
ormai, dovevano rientrare a casa, la mattina sarebbe giunta presto e dovevano
compiere il loro dovere; andare a lavoro. Pagarono e si avviarono con la
macchina verso il loro paesello.
Procopio era il guidatore, il
maggiolone bianco con tettuccio apribile la sua macchina, il suo amore, il suo
compagno inseparabile; aveva una guida sicura e tranquilla, con una mano teneva
il volante e con l’altra la leva del cambio, era rilassante viaggiare con lui. Accanto
a lui c’era Nevio, totalmente adagiato e immerso nella poltroncina, amante
della musica italiana e sempre alla ricerca, tra le stazioni della radio,
canzoni a lui piacenti; girando e rigirando la manopola della sintetizzazione
trovò un vecchio motivo musicale e si soffermò ad ascoltare chiedendo agli
altri se si ricordavano il titolo, il complesso lo disse lui: Santo California.
Nessuno dei suoi amici seppe dare la risposta e tutti rimasero silenziosamente
in ascolto per ricordare. Nella parte posteriore aveva occupato posto Odoacre,
che passava il tempo guardando fuori dal finestrino e con le gambe rannicchiate
perché troppo lunghe per stare comode, nel mezzo sedeva Tiberio, piccolo e
immobile che seguiva metro dopo metro la strada da percorrere e infine c’era
Pancrazio, quello che stava più comodo di tutti e tre, gambe larghe, schiena
appoggiata completamente allo schienale e con la sigaretta in bocca.
Tutti e cinque erano assorti, chi in
un modo chi in un altro, nell’ascoltare la musica, la birra bevuta contribuiva
all’estraniazione del momento; la macchina cominciò a prendere velocità, i
chilometri sembravano sempre più corti, le case ai fianchi della strada
sfuggivano rapidamente dalla vista. Improvvisamente un camion si presentò di
fronte a loro, non ci furono frenate e neanche grida, lo schianto fu per tutti
mortale, poi solo silenzio tranne la radio che continuò a funzionare.
……..103.9 la tua radio, continua a
viaggiare con i Santo California, continua a sognare con Soleado………………………
Michele
giovedì 5 febbraio 2015
tratto da: Spariti e Sparati, i casi di Martin Pallottola
Enigmi mortali
Martin era sempre di malumore quando
si svegliava, ma quella mattina lo era ancora di più. Aveva dormito male, il
sonno era stato accompagnato da sogni strani che lo avevano svegliato varie
volte. Fece i rituali mattutini con una lentezza insolita, iniziò a ritrovare
la normalità quando portò Abramo a fare la solita passeggiata della giornata.
Giunse a lavoro con una decina di
minuti di ritardo e questo insolito fatto provocò le domande dei colleghi
curiosi.
Non c’è niente, non è giornata,
lasciatemi stare! Furono le frasi di risposta.
Martin passò la mattinata a riempire
rapporti, ad analizzare fotografie e sbrigare altre pratiche di ufficio. Poco
prima di mezzogiorno li fu recapitata una busta gialla senza mittente e il
destinatario sembrava essere lui, anche se c’era scritto Martino Pallotta. La aprì
con riluttanza e quando trovò un biglietto con dei disegni rappresentanti un
rebus, pensò a uno scherzo o uno sbaglio e dopo averlo appoggiato sulla
scrivania non lo guardò più. Passò anche il pomeriggio seduto alla scrivania,
non aveva casi particolari da seguire e approfittò della calma relativa per
mettersi in pari con la gran quantità di scartoffie che occupavano la scrivania
ormai da qualche tempo. Verso le venti decise di andare a casa, aveva sistemato
quasi tutto e la sua postazione sembrava un’altra, il biglietto ricevuto nella
mattinata era appoggiato alla lampada, lo prese infilandoselo in tasca e uscì
dal commissariato. Montò in auto, mise il CD di De Andrè in concerto live con
la PFM e cantando partì.
Ad aspettarlo in giardino c’era
Abramo che lo fissava mentre parcheggiava, Martin fu contento di vederlo e
decise di portarlo a fare una passeggiata sul Lungolago e poi di fermarsi a
cena alla solita trattoria, non era in forma per prepararsi da mangiare, era
stato tutto il giorno insofferente. La serata passò tranquilla, aveva trovato
la solita ospitalità del posto e i soliti clienti abituali con i quali aveva
conversato del più e del meno. Il tempo però passa in fretta quando stai bene e
intorno alla mezzanotte Martin e Abramo rientrarono in casa. Sistemò
meticolosamente i propri abiti, era l’unica cosa che curava con ordine e
precisione, e dopo essersi lavato i denti, si coricò nel letto, prima però
aveva preso il biglietto ricevuto e si mise a osservarlo con più attenzione. I
disegni rappresentavano un rebus, come del resto era scritto sopra, di varie
parole 3 2 7 3 2 6, Martin non era pratico di enigmistica, vide che c’erano
degli alberi, un re, un angolo, una nota che doveva essere un DO, dei pesi e delle
mani, ma non riusciva a capire il senso della cosa, della frase o di quello che
avrebbe dovuto indovinare, pensò che quei numeri probabilmente indicavano la
lunghezza delle varie parole, ma non riuscì a tirarci fuori nulla. Lo appoggiò
sul comodino, spense la luce e si addormentò poco dopo.
La mattina seguente ebbe un risveglio
migliore del giorno precedente, fece colazione, si preparò e prima di andare a
lavoro passò dalle sorelle Della Chiesa a salutarle. Furono felici di vederlo,
in particolar modo Cristiana che stravedeva per lui, anche Martin le adorava e
le considerava come fossero le sue zie, aveva sempre delle accortezze per loro,
a volte sbrigava per loro commissioni, altre volte le accompagnava negli
uffici, spesso le omaggiava di piccoli doni e quando poteva le accompagnava a
teatro, grande loro passione. Allo stesso modo loro facevano tanto per Martin,
tenevano in ordine e pulita la sua abitazione, spesso li preparavano il pranzo
o la cena, molte volte lo invitavano a mangiare a casa loro e sempre accudivano
ad Abramo. Dopo aver bevuto a forza un altro caffè in loro compagnia, le salutò
per andare a lavoro r prima di uscire disse a Beatrice che c’era un biglietto
sul comodino, che lo prendesse e poiché era una grande appassionata di enigmistica,
provasse a risolvere quell’arcano chiamato rebus.
Mentre stava parcheggiando nel suo
posto fisso davanti al Commissariato, Martin ricevette una telefonata che lo
informava di un omicidio avvenuto nella notte e scoperto quella mattina.
Ripartì immediatamente verso il luogo del ritrovamento del cadavere;
l’Università delle Belle Arti.
Fu ricevuto da un agente che lo
condusse nell’ufficio del rettore, che giaceva privo di vita sulla sua poltrona
di pelle. L’uomo aveva la gola tagliata e un pugnale conficcato nel cuore.
Erano già presenti gli uomini della Scientifica, il vice Questore e il
Commissario, oltre agli agenti Scrocco e Colantuono. Dopo aver preso qualche
informazione e osservato la scena del crimine, decise di tornare in ufficio
lasciando gli agenti della Scientifica a svolgere il proprio lavoro.
Erano passate circa due ore dal
rientro in ufficio e mentre stava rileggendo gli appunti delle dichiarazioni a
caldo dei testimoni che avevano trovato il cadavere, il telefono squillò.
Si pronto?
…………………
Oh ciao
Benedetta!
…………………………..
Hai già
risolto il rebus? Ma non era urgente potevi farlo con calma!
……………………………
Ah era
facile? Non per me!
………………………………..
Scusa come
hai detto?
………………………………
La soluzione
era “per il rettore non c’è domani”?
………………………………………..
Grazie,
grazie, ma ora ti devo lasciare!
……………………
Ok ciao a
stasera!
Martin, dopo aver riattaccato, rimase
qualche minuto assorto nei suoi pensieri, elaborando quel messaggio ricevuto
per posta che lo allertava sull’omicidio avvenuto.
Chi poteva essere e come mai lo aveva
mandato a lui? Era lui il reale destinatario o il signor Pallotta?
Mentre era in riunione con il
Commissario e gli Agenti intervenuti sul luogo dell’omicidio, gli fu recapitata
una nuova busta gialla ancora senza mittente e ancora Martin Pallotta come
destinatario. Questa volta la aprì immediatamente e con fervida curiosità lesse
il contenuto; c’era un casellario a schema con una serie di definizioni e una
riga verticale di color grigio che, secondo l’Agente Scrocco, avrebbe dato la soluzione
dopo aver risolto il tutto.
Diciassette domande per diciassette
risposte; risultato diciassette lettere per formare una frase composta da
quattro parole: due, cinque, quattro e sei.
I presenti cominciarono le risposte
alle definizioni, molte delle quali erano facili e intuitive ma alcune…….,
alcune erano difficili e altre erano quelle classiche dell’enigmistica da
intuire, da captare, da giocare con la definizione stessa.
Comunque nel giro di un’ora, con
l’aiuto di Internet e quello di appassionati d’enigmistica, fu trovata la
soluzione: La posta sarà orfana!
Capirono che sarebbe stato colpito
qualcuno che lavorava alla posta, intuirono che molto probabilmente sarebbe
stato uno di comando, quindi un direttore e cominciarono a contattare tutte le
sedi delle poste della città mettendo in preavviso i direttori e cominciarono a
organizzare la loro sorveglianza.
Il resto della giornata e la nottata
passarono in tranquillità, non ci fu nessun tentativo di attacco a nessuno dei
sorvegliati; Martin non faceva parte della squadra dei sorveglianti, composta
soltanto da agenti, ma aveva passato tutta la notte sveglio vagliando e
studiando tutti i particolari di questo caso arcano. Scoprì che tutti i mercoledì
di ogni settimana i direttori delle poste si riunivano per discutere e
analizzare le situazioni generali e individuali, quindi decise di far
presidiare la zona dove si sarebbe tenuta la riunione. Mentre stava prendendo
un caffè al bar vicino al Commissariato, sbirciò il giornale locale che stava
leggendo una signora seduta accanto al bancone; c’era un trafiletto che diceva
così: “Stamani alla solita riunione
della posta presente anche il Direttore Generale”. Questo fece scattare un
campanello d’emergenza nella mente di Martin e cominciò a telefonare a varie
persone; prima al Commissariato, poi alla redazione del giornale locale e
infine partì verso l’albergo dove soggiornava il Direttore Generale e dopo
essersi fatto aprire la camera 222 trovò la soluzione all’enigma. L’uomo
giaceva sul letto con la gola tagliata e un coltello piantato nel cuore, solito
modus operandi, anche stavolta era riuscito nel suo intento.
La notizia, ben presto, fece il giro
di tutte le Tv locali e nazionali, dei giornali e diventò l’argomento
principale chiacchierato in tutti i Bar; il Killer della Sfinge, così era stato
soprannominato l’assassino.
Martin era depresso da questa storia,
non gli piaceva l’enigmistica e oltretutto era sempre un passo indietro
rispetto alla morte, inoltre il Killer agiva velocemente, sicuramente aveva
pianificato tutto da qualche tempo; sperava che non ci fossero altre morti ma
non era convinto, non vedeva ancora una fine, anche se non vedeva ancora un
collegamento tra questi due assassini. Non riusciva a capire come stava
ragionando il Killer, su cosa si basava nel scegliere le vittime, era veramente
avvolto nel mistero del grande enigma.
Lavorò fino al primo pomeriggio,
studiò e controllò più volte questi due casi, per riuscire a trovare un nesso,
un indizio, un qualcosa che lo collegasse a una pista, ma non riuscì a trovare
niente. Verso le sedici, dopo aver mangiato qualcosa, decise di andare a casa
per riposarsi un poco, aveva bisogno di avere la mente lucida. Salutò
velocemente le tre sorelle, spiegò in fretta e furia a cosa stava lavorando,
specialmente a Benedetta, che nel suo intimo cominciò ad analizzare tutte le
notizie avute, giocò qualche minuto con Abramo e poi si coricò, entrando
immediatamente nel mondo di Morfeo.
All’ora di cena il telefono squillò
svegliando Martin.
Salve capo,
sono Colantuono, scusa se ti disturbo, ma con il casino che è successo stamani
la posta è andata in tilt e hanno portato solo ora una busta gialla indirizzata
a te, penso sia importante e ti ho chiamato subito.
Grazie
Federico, aprila pure tu e dimmi cosa c’è!
Ok, faccio
immediatamente, cavolo, è proprio una di quelle; c’è un cruciverba da
risolvere!
Federico
ascolta, cominciate a risolvere l’enigma, io fra poco arrivo!
Guidò come un folle verso il
Commissariato, pensò che avrebbero dovuto togliergli la patente, ma il caso
richiedeva quell’urgenza e allora accese la luce lampeggiante e continuò la sua
corsa. Quando arrivò, il cruciverba era quasi tutto risolto, mancavano due risposte
che nel giro di poco furono trovate; la soluzione all’enigma era: La banca
toglie la gonna nera!
Martin, in compagnia di Colantuono e
degli agenti Scrocco e Fornaciari, cercarono di decifrare e capire il senso
della frase, ma non riuscivano a trovare un collegamento, poi arrivò Wong,
l’esperto informatico, che azzardò l’idea che probabilmente l’indizio parlava
di una donna che lavorava in banca con una predilezione per le gonne nere, al
che Martin ebbe come un’illuminazione, la banca della quale era cliente, aveva
come direttrice la signora Lara Gazza e le volte che si ricordava di averla
incontrata, indossava sempre una gonna nera.
Eccola!
Trovata! Deve essere lei, cerchiamo indirizzo, telefono e andiamo subito da
lei.
Provarono a chiamarla al telefono, ma
entrava la segreteria e al cellulare che dava utente irraggiungibile; a sirene
spiegate andarono verso l’indirizzo dell’abitazione e dopo aver suonato varie
volte senza ricevere risposta, sfondarono la porta e la trovarono distesa sul
divano, anche lei con la gola tagliata e il coltello piantato nel cuore. Erano
le 21:45, il corpo ancora caldo, erano arrivati in ritardo, di poco, ma in
ritardo.
Fecero i soliti controlli e le solite
perizie ma non trovarono alcun indizio, come negli altri omicidi. Stavano
brancolando nel buio, anche se forse questa volta avevano qualcosa in mano,
mentre di corsa andavano verso l’abitazione di Lara Gazza, avevano incrociato
un uomo con un cane che proveniva da quella direzione e in seguito a
accertamenti avevano scoperto che nessuno dei residenti in zona possedeva un
cane del genere, tranne la signora Gazza, ma in casa non lo avevano trovato.
Martin aveva incrociato lo sguardo con quell’individuo ma non ricordava la
faccia, tra l’altro nascosta da un borsalino grigio; comunque avevano una
sommaria descrizione del presunto Killer: uomo di altezza media, capelli scuri
e probabilmente anche occhi di colore nero e di costituzione robusta, ma tutto
ciò non bastava a creare un identikit veritiero. Arrivati in Commissariato, provarono
a guardare varie foto segnaletiche presenti nel PC, ma non trovarono nessuno
che facesse al loro caso.
Martin fece fatica ad addormentarsi
quella sera, pensava e ripensava a quell’uomo che aveva visto ma non guardato
attentamente, cercava di trovare mentalmente un particolare che potesse in
qualche modo farlo riconoscere o renderlo riconoscibile, ma non riuscì nel suo
intento. La stanchezza prese il sopravvento in tarda notte e dopo poche ore la
sveglia suonò, fece colazione dalle sorelle Della Chiesa, le salutò perché
andavano qualche giorno dai parenti in Abruzzo e portavano con sé anche il suo
fedele amico Abramo e poi si recò a lavoro ripensando alla faccia del probabile
assassino per tutto il tragitto in auto.
Durante la solita riunione mattutina
con i suoi collaboratori, si rese conto che stavano realmente brancolando nel
buio e anche se avevano questo piccolo indizio, trovare l’assassino sarebbe
stato veramente arduo. La mattinata scorse tra scartoffie e telefonate varie,
fu ritrovato il cane della signora Gazza che chissà da dove, era ritornato nel
suo quartiere dalla sua ormai ex padrona.
Quando arrivò la quarta busta gialla,
all’interno del Commissariato ci fu un silenzio surreale; Martin la aprì
osservato da tutti e questa volta, il foglietto presentava un indovinello con
la soluzione in due fasi, cinque lettere la prima e tre e due la seconda:
SON DI MARE E PRELIBATE
E DAI SUB RICERCATE
E’ IL MOMENTO DI SESSANTA PICCOLINI
QUANDO E’ ICS CON LO STRESS TI
AVVICINI
PER GLI INGLESI E’ UN RITUALE
UN SOGGETTO MOLTO SPESSO PERSONALE
La soluzione fu trovata subito, ormai
erano allenati all’enigmistica, ma non capirono immediatamente a chi si
riferiva, quando Martin esclamò:
Siamo alla
resa dei conti, lui vuole me, sono io il prossimo bersaglio!
Dopo un attimo di sbigottimento
cominciarono tutti a parlare cercando soluzioni, difese, contrattacchi, piani
di strategia, trappole e trabocchetti. Pallottola zittì tutti e poi parlò: Ragazzi,
questo è furbo e capace, non credo sia semplice metterlo di mezzo, sicuramente
colpirà quando sarà sicuro di farlo, perciò abbandoniamo l’idea di seguirmi,
sorvegliarmi e proteggermi. Dovrò affrontarlo da solo e non voglio
interferenze, così ho deciso e questo sia chiaro è un ordine!
Ma capo…cominciò la frase Colantuono, ma poi
lasciò perdere dopo aver visto lo sguardo di Martin.
La giornata fu passata cercando di
trovare qualche indizio per incastrare il Killer, ma furono ricerche invane,
Martin guardò tutte le foto segnaletiche in loro possesso, sperando di
riconoscere quella faccia intravista quella mattina, ma anche in questo caso il
risultato fu negativo.
La sera, quando si salutarono, ci
furono molte raccomandazioni a Martin da parte dei colleghi; Stai
attento, Guardati le spalle, Dormi con gli occhi aperti e così via. Martin fu compiaciuto di
tutto quel riguardo e quell’attenzione, ma in fondo sapeva che alla fine lo
avrebbe dovuto affrontare e questo non lo faceva stare tranquillo, era
consapevole che questo Killer sapeva come muoversi, come agire, come
comportarsi e quando farlo, perciò lui sarebbe dovuto stare sempre attento, non
si sarebbe dovuto distrarre mai, questo era un gioco mortale, chi sbagliava
pagava. Comunque, nonostante la preoccupazione non fece intendere il suo timore
ai colleghi.
Salutò tutti e fissando
l’appuntamento il giorno dopo, com’era solito fare, si allontanò sulla sua Mini
Minor rossa fermandosi come il solito alla trattoria del suo amico e poi, dopo
una buona cena accompagnata da un vino rosso della casa, andò verso la sua
abitazione.
Si comportò come tutte le sere ma non
era come sempre, la paura che lo colpisse nella notte entrò in lui, sentiva che
sarebbe stato proprio quella notte il momento in cui il Killer avrebbe agito e
quindi dopo aver sfatto il letto ed essersi lavato i denti si coricò e come
tutte le sere lesse una ventina di pagine del libro che teneva sul comodino
ormai da mesi.
Quando spense la luce dell’abatjour,
invece di girarsi nel letto con la faccia rivolta verso la finestra per vedere
il cielo, scese al buio giù nel soggiorno e si sedette sulla poltrona pensando
in qualche modo di ingannare o disorientare il suo avversario; si coprì con un
plaid e lentamente si addormentò. Un rumore lo destò, ma rimase nella sua
posizione immobile e cercando di mantenere il respiro da dormiente, un altro
piccolo rumore gli fece capire che qualcuno era in casa, il killer
probabilmente, ma non riusciva a capire dove potesse essere. Ci furono alcuni
minuti di silenzio assoluto, sentiva solo il suo respiro, poi improvvisamente
accadde simultaneamente che lui lo vedesse passare davanti alla finestra e che
il Killer lo attaccasse; fu un attacco rapido nel quale Martin non riuscì a
prendere la pistola, l’uomo di stazza robusta che era sopra di lui brandiva un
coltello con la mano sinistra, Pallottola cominciò a lottare e grazie ai suoi
anni passati a Quantico, dove aveva praticato lotta, pugilato e arti marziali,
riuscì a contenere quella furia assassina, e anche se l’avversario sembrava
molto preparato al combattimento ce la fece a fargli cadere il coltello e
continuarono a lottare sul pavimento. Ci fu un momento in cui Martin sembrava
aver preso il sopravvento, ma durò poco perché il Killer riuscì a metterlo
spalle a terra e cominciava a stringere il suo collo e lo faceva con una mano
sola, Martin cercava di liberarsi da quella presa ma non riusciva, l’avversario
era molto più forte di lui e lentamente cominciava a cedere, sentiva la presa
al collo sempre più forte e cominciava a perdere conoscenza. Cominciò a pensare
alla sua morte, immaginava di percorrere una lunga strada verso una porta
offuscata dalla penombra, la aprì e poi sentì il colpo della porta che si
richiudeva alle sue spalle. Capì che era morto, qualcosa però non era andato
come aveva immaginato, perché ricominciò a sentire le voci e vedere la luce,
pian piano aprì gli occhi e vide Luca, il suo migliore amico, sopra di lui che
lo stava schiaffeggiando, in breve tempo riprese conoscenza e vide il Killer
sdraiato accanto a lui con le manette ai polsi e una spalla sanguinante. Nel
giro di pochi minuti arrivarono due pattuglie della Polizia, una delle quali
portò via il Killer per curarlo alla ferita della spalla, colpita dal
proiettile della pistola del Sovraintendente Scamorto. Arrivò anche il medico
per visitare Martin, ma a parte qualche contusione e un bello spavento, le
condizioni erano ottime.
Martin raccontò quello che era
successo fino a quando si ricordava e poi continuò Luca, che spiegò al suo
amico e ai colleghi che lui se ne era fregato di quel che aveva detto il Capo
e, meno male, lo aveva pedinato fin da quando era uscito dal Commissariato,
quando era andato in trattoria e poi fino a casa; però non aveva visto entrare
il Killer, chissà da dove era entrato. Comunque aveva seguito, dalla finestra,
tutte le mosse del Capo fino a vederlo sedere in poltrona, poi qualche ora dopo
aveva notato un movimento sospetto, era entrato dalla porta sul retro e aveva
sparato al Killer per fermarlo. C’era riuscito.
Grazie Luca
ti devo la vita.
Non ci sono
problemi, ora però riposati, ci vediamo domani a lavoro, io vado a fare
rapporto e poi anch’io cercherò di riposare.
Il giorno dopo al suo arrivo trovò
tutti ad aspettarlo, e lo accolsero come un eroe, ma lui disse che l’unico che
meritava tutta l’attenzione era il suo salvatore. Seppe da Colantuono che il
killer era un ex agente di Polizia, e Martin si ricordava il nome, che era
stato mandato via perché sospettato di intascare mazzette e per atteggiamenti
violenti e non necessari nei confronti degli arrestati. La sua rabbia nei
confronti di Martin era dovuta al fatto che riteneva responsabile, anche se non
era vero, del suo allontanamento dalla Polizia e aveva escogitato tutto ciò per
dimostrare che lui era meglio della “ fighetta” Pallottola, testuali parole
presenti nella confessione dell’assassino. Martin rise all’ultima frase e poi
ringraziò ad alta voce l’amico Scamorto che era appena arrivato.
Gli amici si
vedono nel momento del bisogno.
Dichiarò Luca.
E allora ho
bisogno che tu mi aggiusti la porta che hai sfondato. Rispose Martin
E fra le risate dei presenti i due si
abbracciarono.
Michele............
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