sabato 1 novembre 2014

IL SEGRETO



- Zia Carlotta, chi è questo ragazzo? - chiese Rosetta, mostrando ammaliata una foto in bianco e nero, adornata da una piccola cornice di legno marrone, trovata in un cassetto del settimino.
Carlotta girò lentamente la testa in direzione della nipote, guardò la foto e sospirando cominciò dolcemente a dondolarsi sulla vecchia e bianca sedia a dondolo, situata nel mezzo del salotto.
- Sai chi mi sembrava? Il giardiniere, quel signore che ogni tanto viene a curarti il giardino, è lui?  - domandò Rosetta.
Non ottenendo risposta, anche le altre due nipoti Tania e Carolina, richiesero insistentemente chi era quel ragazzo ritratto in foto, allora la zia cominciò a raccontare. Carlotta era un'anziana signora con i capelli ormai bianchi, raccolti dietro la nuca nella pettinatura a cipolla e tenuti fermi da un fermaglio nero; teneva sulle spalle uno scialle lavorato a mano da egli stessa e fissava la foto, che si era fatta dare dalla nipote, con occhiali piccoli e minuti che passavano inosservati nella sua rubiconda faccia, le mani che la stringevano, ormai segnate dall’avanzare delle tante stagioni vissute, cominciarono a tremare.
- Lui è stato la persona più importante della mia vita. -
- Ma come zia, è stato la persona più importante - chiese Carolina, la maggiore delle nipoti -e tu non ce ne hai mai parlato? -
Carlotta aveva un particolare rapporto con le nipoti, aveva passato molto tempo con loro, le aveva allevate, educate ed aveva sempre avuto con loro un rapporto confidenziale, lei sapeva tutto di loro, le prime cotte, i primi amori, le gioie e i dispiaceri, ed anche loro sapevano tutto di lei, Carlotta non si era mai sposata e riversava sulle nipoti tutto il suo amore.
- Non vi ho mai parlato di lui, perché rappresenta un dolce e amaro segreto, un qualcosa che è stato sempre in me, che mi ha accompagnato in tutta la mia vita, ma dal momento che avete fatto la sua conoscenza, voglio raccontarvi la storia che mi farà ripercorrere momenti più e meno belli della mia vita. -
Le ragazze si sistemarono a sedere sul tappeto davanti alla zia, che continuava a dondolarsi piacevolmente.
- Lo conobbi che ero piccola, quattro o cinque anni, lui ne aveva due più di me quando venne ad abitare nella casa accanto alla mia, facemmo conoscenza, per caso, qualche giorno dopo il suo arrivo; io ero fuori con la mia bicicletta e giravo nei sentieri intorno a casa, quando un aquilone precipitò di fronte a me, tentai di schivarlo e frenai ma inutilmente, nel tentativo, tra l’altro maldestro, di evitarlo, lo presi in pieno e cascai sull’asfalto del sentiero, distruggendo pure quell’aquilone impazzito, cominciai a piangere non appena vidi sulle mie gracili ginocchia del sangue che si mescolava con lo sporco raccolto dalla terra, accorsero in molti, attratti dal mio pianto, anche i miei genitori che raccolsero me e la bicicletta e ci portarono a casa, vidi anche un bambino, che tristemente raccoglieva quello che rimaneva di un qualcosa che prima si chiamava aquilone, quello che mi colpì in lui, era il modo in cui lo faceva, dolcemente e delicatamente, come se fosse la cosa a lui più cara senza togliere lo sguardo sognatore da esso, uno scapaccione di suo padre lo fece ritornare alla realtà e mentre subiva i rimproveri del genitore mi guardò con occhi pieni di rabbia, che provocarono in me un senso di disagio, a tal punto che smisi di piangere, anche se le ginocchia ferite continuavano a perdere sangue.
I giorni dopo passarono senza che io trovassi il coraggio di rivolgere parola e scusa, a quel bambino dai capelli riccioli e neri, che vedevo giocare nel giardino accanto al mio, poi qualche settimana dopo, mentre ero in veranda a giocare con bambole e ciottoli, lui si fermò con la sua bicicletta davanti al cancello di casa mia, mi fissava senza dirmi niente ed io abbassai velocemente lo sguardo, mi chiese se mi dolevamo ancora le ginocchia ed io guardandole risposi di no con un cenno della testa, mi chiese scusa e mi invitò ad andare con lui a fare una passeggiata insieme con le biciclette, ringraziai alzando la testa e guardandolo, ma dissi che mamma non mi permetteva di andare lontano senza di lei, lui allora scese dalla sua, la appoggiò allo steccato e venne a sedersi accanto a me, fu così che cominciò la nostra amicizia. -
- Zia aspetta a continuare il racconto, metto a fuoco il tè! - disse la piccola sedicenne Tania.
- Da quel momento - proseguì zia Carlotta sorseggiando la fumante tazza - diventammo inseparabili, non c’era giorno che non lo passavamo insieme, iniziammo a crescere e crescendo cominciammo a conoscere il mondo e noi stessi, tutto quello che scoprivamo era la base di vivaci discussioni dove ognuno di noi esprimeva il suo giudizio sull’accaduto, man mano che crescevamo scoprivamo, attraverso gli studi, cose a noi nuove ed erano altri motivi per lunghe chiacchierate in riva al fiume, era un rapporto bellissimo composto da sentimenti ed affinità mentali, ricordo che facevamo un gioco che a noi piaceva un sacco; il villaggio della fantasia, così lo chiamavamo, uno diceva un personaggio storico e l’altro doveva creare con la fantasia un altro personaggio che fosse amico o nemico di quello chiamato in questione e doveva farlo con validi argomenti che si attenessero alla vita, ai pregi ed ai difetti del personaggio famoso, chi non riusciva a rendere l’idea, doveva preparare una torta all’altro. Ero diventata bravissima a fare torte, perdevo spesso, non ero molto brava a lavorare di fantasia, mentre lui era incantevole quando cominciava a creare il personaggio, rimanevo ammaliata, con la bocca aperta, erano storie, favole, che sembravano uscire dalle pagine di un libro.
Passavamo molto tempo insieme, studiavamo insieme, anche se lui frequentava due classi avanti a me, è stato un prezioso aiuto, sono riuscita a studiare e capire cose, ragionando e pensando in due modi diversi, uno per l’età che avevo io ed uno per l’età che aveva lui e vi posso assicurare che se anche erano due anni soli di differenza, in realtà quel tempo che ci differenziava era molto.
Nel frattempo stavamo diventando grandi e cominciammo ad avere anche altri amici, che non impedivano i nostri solitari incontri in riva al fiume, ma comunque c’erano, cominciammo a scoprire l’amore ed il sesso, lo scoprimmo insieme; eravamo fuggiti ad un temporale che ci aveva sorpreso al fiume e ci rifugiammo in un vecchio cascinale abbandonato, ridevamo e scherzavamo, ma ben presto i vestiti bagnati ed il freddo che si stava impadronendo di noi, ci tolsero il sorriso dalle labbra e cominciammo a tremare, proposi di toglierci i vestiti e di abbracciarci per scaldarci a vicenda, lo facemmo rimanendo entrambi con gli slip, all’inizio provavamo vergogna l’uno dell’altro, ma ben presto il bisogno di calore fece scomparire quella sensazione, ci abbracciammo sorridendo e con il rossore sulle guance e ci sdraiammo sopra ad una coperta vecchia e polverosa.
Dopo qualche minuto avvertii una sensazione strana, quel corpo caldo che mi abbracciava, mi stava facendo provare un qualcosa a me sconosciuto fino a quel momento, i nostri sguardi si incontrarono e facevano fatica a staccarsi, appoggiai le labbra sopra le sue e cominciammo a baciarci, era bellissimo, ricordo ancora quelle labbra appena umide ma vogliose di scoprire. Il freddo stava scomparendo, avevamo cominciato ad accarezzarci dolcemente e delicatamente, mi fece ricordare la prima volta che lo vidi quando raccoglieva l’aquilone, ma la sensazione quando lui mi fissò adagiando il suo corpo nudo sopra il mio, fu diverso dalla volta dell’aquilone e delle ginocchia ferite, non c’era più la rabbia nei suoi occhi e nei miei non c’era più paura, in entrambi c’era piacere ed amore.
Scoprimmo l’orgasmo, il piacere finale, come lo chiamavano i compagni di classe, ma ci sembrò più bello del loro, di come lo avevano raccontato, non provammo il dolore che loro ci avevano descritto o perlomeno era rimasto in secondo piano, ininfluente alle sensazioni di piacere che avevamo provato e continuavamo a provare ognuno nelle braccia dell’altro, rimanemmo abbracciati ancora a lungo fissando il vecchio soffitto io e lisciando i miei capelli lunghi lui, solo dopo molto tempo ci accorgemmo che nel frattempo era smesso di piovere, era calata la sera, dispiaciuti di dover lasciare quel posto meraviglioso e quella situazione indimenticabile ci vestimmo e corremmo mano nella mano verso le nostre case, dove all’arrivo trovammo i nostri genitori fuori ad aspettarci, preoccupati ed impauriti, avevamo superato l’ora della cena, non era mai successo, ma entrambi eravamo sazi di piacere che non mangiammo, io studiai qualche pagina di storia per poi andare a letto a riflettere ed a gustarmi quella nuova sensazione scoperta nel pomeriggio.
Continuammo ad essere amici, ma non facemmo più l’amore e nemmeno ci baciammo, non volevamo rovinare quel ricordo, ne parlammo moltissimo ma entrambi arrivammo alla conclusione che era meglio tenere quel ricordo bellissimo e non rischiare di rovinarlo, era un dolce e segreto ricordo e doveva rimanere tale; di certo fu che quel pomeriggio nel cascinale ci fece maturare e maturò anche il nostro rapporto di amicizia, ora ci conoscevamo completamente, io ero lui e lui era me, bastava un solo sguardo per capire e comprendere, ridere e scherzare, spronare o rimproverare. Eravamo sempre insieme anche se non lo eravamo, lo spirito dell’altro era accanto al proprio, anche se frequentavamo amicizie diverse non mancavano i nostri solitari incontri in riva al fiume, dove ci raccontavamo le nostre rispettive storie e tutto quello che era confidenziale e tabù per gli altri, ci consolavamo ed incoraggiavamo a vicenda.
Ma una volta in questi nostri incontri rimasi zitta a lungo, dovevo dirgli una cosa ma non avevo il coraggio, ma era impossibile riuscire a nascondere una cosa a lui, riusciva sempre a farmi dire tutto e piangendo li comunicai che la settimana dopo avrei traslocato, con tutta la famiglia per motivi di lavoro di mio padre, molto lontano e che forse sarebbe stato difficile rivedersi; il silenzio piombò sul fiume, poi mi abbracciò e le nostre lacrime si mescolarono e rimanemmo a lungo avvolti nel silenzio.
Il giorno della partenza arrivò velocemente, tutti quei bagagli nel sentiero di asfalto, dove avevo fatto la sua conoscenza, mi disturbavano, lo cercai inutilmente con lo sguardo, sapevo che lui non ci sarebbe stato, me lo aveva detto la sera prima, quando eravamo seduti sul greto del fiume, a guardare per l’ultima volta insieme, la mezza luna che risaltava nel cielo notturno, aveva detto che non sarebbe venuto a salutarmi, le partenze non li piacevano e la mia la odiava proprio. Ma mentre salutavo i suoi genitori, alzai lo sguardo verso la finestra della sua camera e lo vidi dietro le piccole tende lavorate a mano, vidi la sua faccia triste ed un raggio di sole mi mostrò su quel viso il tragitto di una lacrima, li lanciai un bacio e salii sopra ad un calesse che ci portò fino alla stazione.
Nella nuova città non riuscii subito ad inserirmi, anzi trovai molte difficoltà, mi mancava lui, la sua amicizia, i nostri incontri al fiume; le uniche soddisfazioni erano lo studio e l’arrivo del postino che portava le sue lettere, le leggevo come fossero qualcosa di sacro, sentivo la sua presenza accanto a me, sentivo il suo odore, mi addormentavo sentendo le sue braccia che mi stringevano, trascorrevo le settimane aspettando ansiosa la risposta alla mia lettera e quando giungeva, dimenticavo le paure ed i dispiaceri della città e mi addentravo per mezzo delle sue parole e delle sue storie, nel piccolo paese della mia infanzia. Seppi che sarebbe partito per il servizio militare e che i nostri rapporti letterali si sarebbero affievoliti, ma io continuai a scrivere tenendo un diario, pensando che se un giorno lo avessi rivisto glielo avrei regalato. L’anno del militare anche se lentamente passò e ricominciammo a scriverci regolarmente, ma nel frattempo qualcosa era cambiato, io ero riuscita ad inserirmi nella nuova città, avevo fatto amicizie, praticavo un corso di canto ed una cosa che mi sarebbe stato difficile dirli, mi ero fidanzata con un ragazzo di cinque anni più grande; lui sembrava sempre uguale, ma non sentivo più nelle sue parole, quel qualcosa che lo rendeva meraviglioso, sembrava che l’esperienza del militare lo avesse privato di qualcosa, sentivo che c’era qualcosa di strano, ma non riuscivo a capire cosa era, glielo chiesi ma inutilmente, rispondeva che era sempre tutto come prima, che non era cambiato niente.
Una volta mi scrisse che aveva dovuto smettere di studiare per andare a lavorare, perché il padre aveva avuto un gravissimo incidente, che lo aveva costretto a stare a letto ed in quelle parole continuavo a notare che qualcosa non andava, anche lui mi disse che si era fidanzato con una ragazza del posto e che era felice di averla trovata, ma io continuavo a sentirlo strano.
Le lettere cominciarono ad essere sempre meno frequenti, ci stavamo separando lentamente, fin quando io smisi di scriverli, ero stata presa da tutte le cose che una grande città può offrire, studi sempre più difficili, partecipavo a molte feste con gli amici, praticavo alcuni corsi e la cosa andò avanti per alcuni mesi; tutto ad un tratto il ricordo di lui ridiventò presente ed insostenibile, e lo scoprii mentre stavo per fare l’amore con il mio fidanzato, non lo avevo più fatto da quella volta nel cascinale e quando lui, dopo esserci baciati a lungo, si adagiò sopra di me, il ricordo diventò grandissimo, mi rivestii e scappai da quella casa e cercai il fiume, ma il fiume, il nostro fiume non c’era; avevo bisogno di vederlo, di parlarci, di baciarlo, avevo voglia di fare l’amore con lui, avevo capito che lo amavo. Andai a casa e ne parlai con i miei genitori, loro, anche se non entusiasti, dissero che potevo andare, il viaggio costava molto, ma loro mi avrebbero dato volentieri i soldi. Preparai in tutta fretta un piccolo bagaglio ed accompagnata da loro fino alla stazione partii, durante il viaggio pensai a quando mamma non mi faceva andare lontana con la bicicletta ed ora mi permetteva di attraversare tutta la nazione in treno da sola, pensavo anche a lui, a quando lo avrei rivisto, a cosa li avrei detto, a cosa avremmo fatto insieme; dopo due giorni e due notti arrivai alla stazione del paese, non mi sembrava vero rivedere quelle piccole case, odorare quei profumi tipici della campagna, tipici della mia infanzia. Mi avviai a piedi gustandomi tutti i particolari del piccolo paese, avvicinandomi alla mia vecchia casa sentivo il cuore battere velocemente, ma pian piano che intravedevo quei posti ormai fissati nella mia memoria, una sensazione sgradevole percorse il mio corpo, mi accorsi che la casa accanto alla mia portava i segni di lutto, pensai subito alla morte del padre malato e corsi per stare accanto a lui in questo momento di dolore, ma quando bussai alla porta e sua madre venne ad aprire, capii tutto; mi buttò le braccia al collo e cominciò a piangere, piansi anch’io e gridando chiesi come era successo, ma non ottenni risposta. Solo durante la serata, seduta nel salotto silenzioso, seppi come erano andate le cose, stava lavorando, stava riparando un vecchio mulino, quando improvvisamente cedette il soffitto e rimase schiacciato sotto le macerie; prima di andare a dormire sua madre mi diede il suo diario segreto, mi addormentai tenendolo stretto al petto, aspettai il giorno dopo, quando seduta sulla sua tomba, lo lessi insieme a lui, mi amava, mi aveva sempre amato fin da quando si sedette accanto a me sulla veranda, non aveva mai trovato il coraggio di dirmelo, non era vero che era fidanzato, lo aveva inventato come le storie che inventava per i personaggi, aveva smesso di scrivermi per cercare di dimenticarmi, ma non c’era riuscito, anzi aveva accettato quel lavoro pericoloso perché era ben retribuito e con i soldi che avrebbe guadagnato, sarebbe venuto a prendermi per riportarmi al vecchio e piccolo paese, ma non ne aveva avuto il tempo, quel soffitto aveva impedito l’inizio della nostra storia d’amore e soprattutto aveva spezzato la vita di quel giovane sognatore. Piansi a lungo sull’ultima pagina scritta del diario. -
Carlotta pulendo con la manica della camicia il vetro della foto, smise di dondolarsi con la sedia.
- Scusate - disse qualche minuto dopo - preferirei rimanere sola. -
- Si zia, hai ragione ce ne andiamo. - rispose Carolina.
- Mi spiace tanto. - aggiunse Tania.
Le accompagnò fino in giardino, le osservò andare via salutandole con un gesto della mano.
L’uomo che stava potando i rami più lunghi della siepe, si voltò verso di lei e raccogliendo un fiore, si avvicinò.
- Hai giocato con loro al villaggio della fantasia?- chiese.
Carlotta annuì con un cenno della testa.
- Quando racconterai loro la verità? - domandò l’uomo.
- Chissà, un giorno o l’altro lo farò.- replicò Carlotta guardandolo negli occhi.
L’uomo le donò il fiore e poi in modo dolce e delicato le diede un bacio sulla fronte.

Balocco



"Paolo, sveglia, sono le tre del pomeriggio, è già una settimana che ti alzi tardi e non mangi niente, ti ho fatto i ravioli, dai svegliati e vieni a mangiare."
-Tutte le volte così- mormorò Paolo accorgendosi delle labbra impastate e della assenza di saliva nel palato.
Almeno tu sei stato un grande, Che Guevara, mentre io sono qui a rigirarmi tra queste lenzuola bianche e sudate, ci sarà qualcuno a giro per il mondo a fare qualcosa di importante come hai fatto tu, rivoluzioni, lotte di ideali, conquiste importanti. Certo che io non finirò mai attaccato al muro in una qualsiasi camerina, accanto ad una sciarpa di quella squadra inglese, ............. come diavolo si chiama? Ah si, Everton, lo ricordo perché anche i Pink Floyd facevano il tifo per loro o mi sbaglio?
Ma come mai mio fratello avrà questa sciarpa attaccata in camera sopra il suo letto ed accanto alla foto del Che Gue? Che il Che Gue sia stato tifoso dell'Everton?
Ho sete, devo bere, uffa, devo alzarmi, però se mi alzo devo andare in cucina e mi vede mia madre, ma che noia potrà darmi quella povera donna; vado, però lei quando ci si mette è veramente una rompiscatole, a Giulio non rende una vita facile: hai finito di fare i compiti? Ti sei pulito dietro gli orecchi? Non tornare tardi, ricordati che alle otto si cena e che diamine, fallo respirare, fallo vivere. Però, quanti dispiaceri le ho dato io, sarà rimasta scottata, eh si! Scusa Giulio, forse è stata colpa mia, Ok! Dai Paolo, forza, alzati e vai a bere, e come la incontri la baci su una guancia, già un bacio, la farei felice, è da quando ero piccolo che non lo faccio più ed anche a me piacerebbe.
Dove saranno finite le ciabatte, non le trovo, metto quelle di Giulio, mamma mia come si deve essere fatto grande Giulio, mi stanno lunghe le sue ciabatte, io ho i piedi più piccoli dei suoi? Non ci posso credere, che classe fa? Le medie o le superiori, non so!
Ok, vado, una guardatina allo specchio e vado, mamma mia come sono brutto, guarda che borse ho sotto gli occhi, mi sgama la mamma, appena mi vede dice qualcosa del tipo hai bevuto anche ieri sera? Hai fumato gli spinelli con quei tuoi amici? Ed io, no mamma, perché? Ma cosa dici! Ed allora quei gonfiori sotto gli occhi cosa sono? Non mi dire che sei stanco; non lavori, non fai nulla, dormi tutto il giorno, dimmi come diavolo fai ad avere gli occhi in quella maniera?
Ed io cosa le rispondo? Niente, non vado di là, accendo la televisione ed aspetto che lei vada a fare la spesa. Che saporaccio che ha questa sigaretta, ma che sigaretta è? Strano, è il solito tipo che fumo ormai da anni, sarà per via della bocca impastata, devo bere od impazzisco, devo trovare una soluzione per andare in cucina, questa camera sta opprimendo il mio respiro, devo uscire, ok mi vesto, vado in cucina, bevo ed esco di casa! Certo, è la soluzione migliore, ma se incontro la mamma? Speriamo di trovarla dopo che ho bevuto, un bacio e via fuori all'aria aperta, e se la trovo prima? Già, problema, se la trovo prima di andare in cucina .......... bacio e poi giù in cortile a bere alla fontana, eh lo so che l'acqua non è potabile, fa schifo, ma intanto mi bagno le labbra, il palato e già che ci sono, mi do una bella rinfrescata al viso; che schifo che faccio, non ho più nemmeno il coraggio di stare a parlare con la mamma, e con il babbo, non lo vedo quasi mai, lui sempre a lavoro ed io in giro a bighellonare, anche con Giulio non parlo quasi più, non sapevo nemmeno che aveva i piedi più lunghi dei miei, chissà se ha risentito del mio allontanamento da lui, guarda, tiene anche la foto di noi due abbracciati, sopra il letto con la sciarpa a mò di corona, dove eravamo? Ah si, è quando lo portai a vedere la semifinale Italia-Argentina, era ancora piccolo lui, quanto litigò la mamma: è sempre piccolo per andare allo stadio, stai attento, ma perché porti anche lui, tienilo per mano. Era contento Giulio, la sua prima partita, qui nella foto era sicuramente prima, ridevamo, eravamo euforici, poi quei maledetti rigori, Serena, tiro, fuori e noi a disputare la partita per il terzo posto, dovevamo vincerlo quel mondiale! Giulio, quanto mi mancano le tue risate, le tue prese in giro, anche se mi arrabbiavo, devo uscire o la commozione mi gioca un brutto scherzo, ho sete, caldo, mi manca il respiro ed ho una gran voglia di piangere.
Grande fortuna, mamma deve essere con le sue amiche in sala, sento le loro voci, perfetto, ora bevo, mi rinfresco il viso, le dico che esco ed è fatta! Ed il bacio? Già , peccato non le do un bacio, sicuramente non vado in sala con quelle pettegole delle sue amiche, la bacierò domani o stasera quando rientro. Buona l'acqua, quando hai sete è la migliore bevanda, ti rinfresca tutto il corpo, è utile l'acqua per mille cose, ti pulisce, ti disseta, ti risveglia i sensi dentro.
Ora apro la porta della sala, saluto ed esco, ma se mi chiama dentro? Vado via, ma sarei sgarbato e darei un altro dispiacere a mamma, ma se entro, mi sgama e mi fa la paternale, cosa sarà meglio che faccia? Trovato! Mi avvio verso il portone e quando passo davanti alla sala saluto e fuggo via, devo fuggire da mia madre, dalla donna che mi ha concepito, allevato, nutrito, protetto, coccolato, fuggo dalla donna che più mi ha amato, faccio veramente schifo.
"Ciao mamma, torno stasera a cena."
"Ciao, stai attento e ricordati che si cena alle otto."
Sono proprio schifoso, un essere abietto, quando ha detto otto avevo già chiuso il portone, avevo paura che venisse nell'ingresso. Sto scivolando sempre di più verso il baratro, devo riuscire a farla finita con questa vita squallida, piena di sotterfugi e patimenti, fatta di poche sensazioni piacevoli racchiuse in un enorme realtà di merda.
Ecco SoraGina che guarda dal buco della porta, che donna impicciona e curiosa, il gazzettino del condominio, se non sai gli ultimi avvenimenti del caseggiato, invita SoraGina a prendere un thè, sarai informato! Sembra una pubblicità: Vuoi sapere cosa ha fatto una vicina? Chiedi a SoraGina!
Chissà cosa avrà pensato vedendomi passare ridendo, che sono felice e contento? Che ho trovato finalmente un lavoro? Macché, povera inutile ficcanaso, stavo ridendo di te! Ah, il cortile, l'aria.
"Ciao Beppe, sempre alle prese con i motori?"
"Ciao Balocco, ormai la mia vita è con le mani sporche di grasso, la tua moto che fine ha fatto?"
"L'ho venduta, ciao."
"Ciao."
Lo so cosa pensi, non me lo dici, ma lo pensi, sono stato uno sciagurato ad averla venduta, era bella, vero vecchio Beppe, quante volte ci ha messo le mani, quella piccola e vecchia figura, è un mito, Beppe dei motori se ne intende parecchio, li smonta e li rimonta come niente fosse, chissà di chi è quel motorino, sarà di Luca o di Morfeo, ma cosa diavolo sto dicendo, Luca sono tre anni che è andato via e Morfeo, boh, chissà che fine ha fatto, sarà di qualche ragazzino dei paraggi.
Sto male, sto soffrendo, devo decidermi a farla finita con questa storia. con questa vita, con queste angosce, quante volte me lo hanno detto, ma io non ho mai voluto crederci, stai tranquillo rispondevo io, la gestisco, la controllo, maledetta eroina, come il canto delle sirene sei stata, dal paradiso artificiale all'inferno quotidiano, ricordo quei ragazzi con cui uscivo prima, che fumavano gli spinelli ed io che li scocciavo con discorsi rivelatosi poi privi di fondamento, amici, prima o poi gli spinelli vi porteranno alla droga, a quella vera, a quella che fa male ed invece loro continuano dopo anni a fumarsi gli spinelli ed io mi faccio le pere, ho cominciato subito alla grande, ho saltato spinelli, pasticche ed acidi e mi sono buttato sulle piste della coca e subito dopo è iniziato il calvario, siringhe, cucchiaini, bustine, filtrini, sempre peggio, sempre più in fondo. in un mondo alternativo al normale, ma più merdoso e solitario, dove rimani solo con la tua droga, con la tua astinenza, con la diffidenza negli altri.
Eh già che vitaccia, ma ora basta con tutto ciò, con queste conoscenze, basta stasera lo dico alla mamma che voglio uscire da questo tunnel dell'orrore, le spezzerò il cuore, lei è all'oscuro di tutto, ma sarà felice che voglio uscirne, sarà contenta, saputo che sono un drogato, che ho deciso con il suo aiuto di smettere. Chissà cosa penseranno di me, il condominio e specialmente SoraGina, le sento già le sue parole: io lo immaginavo, sempre così assonnato, con quello sguardo triste e sempre a vagabondare. Già dirà così, ma chi se ne frega, io voglio uscirne a testa alta, voglio riavere la forza di guardare nuovamente la gente negli occhi senza la paura che notino che sono un tossico. Cercherò di far smettere anche Lillo, è tanto tempo che siamo amici, siamo cresciuti assieme, abbiamo cominciato a bucarci insieme, chi fu il primo? Penso di essere stato io a convincerlo a farlo, di essere stato io a farli il primo buco, grande piccolo Lillo, quante ne abbiamo combinate da quando ci conosciamo, anche il soprannome Lillo li ho dato, non ricordo neanche più il perché, ora vado a trovarlo e li comunico la mia decisione.
"Ciao Lillo, figlio del vento e dell'oscurità, come te la passi vecchio? Tutto ok, bene, molto bene, bello questo tatuaggio, è nuovo? Sei andato dal Cispia a fartelo, buffo il tipo, ti ricordi quando ci facemmo il primo? Tutti e due impauriti ed ansiosi, prima di entrare e dopo averlo fatto eravamo felici di mostrarlo, la rosa tatuata ci faceva sentire importanti, i migliori, gli unici. Venendo da te, Lillo ho pensato e riflettuto su di una cosa che dobbiamo fare, Lillo, bisogna smettere, basta con questa merda di droga."
"Hai ragione Balocco, ma è difficile farlo"
"No, Lillo, non dire così, se lo vogliamo, lo possiamo fare"
"Balocco, lo sai che ho sempre fatto tutto con te, ma questa volta non so se ce la farei, soltanto insieme ce la faremo, da soli no!"
"Lillo, amico mio, certamente staremo insieme, andremo in comunità assieme, ci faremo coraggio e forza reciprocamente, ricordati vecchio se lo vogliamo possiamo."
"Hai ragione, se lo vogliamo possiamo."
"Da domani buon vecchio Lillo saremo un'altra coppia, saremo diversi, domani ricomincerà una nuova vita. Carina la tua casa, l'hai arredata molto bene, posso mettere un disco? Cavolo, quanti dischi hai, questo di musica classica è perfetto, una nuova vita ha bisogno di una nuova colonna sonora, basta con il rock, la musica drogata, musica che ricorda gli sballi, i viaggi, rilassiamoci con altra musica, purifichiamoci, eh Lillo? Come mai sorridi? Sei contento, ho piacere che anche tu sia d'accordo, diventeremo dei grandi nella vita, eh Lillo? Io e te soci in qualcosa, un'attività carina, ci sposeremo, avremo dei figli ed una vecchiaia tranquilla, bella questa musica, non avevo mai ascoltato Chopin, incredibile vero? Sapevo che esisteva, che è stato uno dei migliori, ma non avevo mai ascoltato niente di suo."
"Dai Balocco, festeggiamo."
"Ok Lillo, festeggiamo alla nuova vita, al tutto nuovo, al come era prima, cazzo Lillo, cosa sono quelle due siringhe?"
"Balocco, dai, non fare il cretino, l'ultima bustina, l'ultimo nostro brindisi, l'ultima pera."
"Lillo Lillo, hai ragione, l'ultimo buco, quello da ricordare insieme per il resto della nostra vita, dai forza, auguri amico mio, nel bene e nel male, a noi due."
"A noi due, Balocco."
"E' una merda questa roba, ti ammazza, ti distrugge, ti rovina, ma è schifosamente piacevole, ti distrugge fisicamente, ma quando è in corpo, ti sembra di essere un superuomo, di poter fare qualsiasi cosa, vero Lillo..................Lillo cazzo, cazzo Lillo cos'hai? Merda, respira respira, Lillo dai, cazzo, sforzati, vomita, buttala fuori, respira, Dio, Dio non puoi farci questo, avevamo deciso di smettere, cazzo, cazzo, Lillo non mi lasciare, Lillo ci hanno fregato, era tagliata con chissà che merda, cazzo sto male, cazzo, mamma perdonami, mamma aiutami, saluta babbo e Giulio, oh mamma stiamo morendo, mamma salvaci, cazzo, ma non sente nessuno in questo palazzo, aiuto cazzo aiuto, stiamo morendo, Lillo perché non rispondi Lillo..........mamma il bacio, mam................ma."