giovedì 12 febbraio 2015

Soleado



Avevano passato una bella serata in quella ridente cittadina sul mare.
C’era molto turismo nel periodo estivo, gente di ogni parte del mondo veniva in questa piccola località attirata dal mare pulito, cosa ormai rara sulle nostre coste e dalle molte possibilità di divertimento; discoteche, locali aperti fino a tarda notte, luna park, parchi giochi a tema e tante altre cose. Anche loro, data la fortuna di abitare a pochi chilometri, venivano spesso a intrattenersi con questi divertimenti.
Entrarono presto nel 23 NERO, il locale più frequentato dai giovani, dove passavi le ore in maniera piacevole bevendo birra, ascoltando musica e guardando film, sport e video proiettati su decine di teloni sparsi nel locale.
Avevano fatto amicizia con un gruppo di ragazzi e ragazze irlandesi, riuscivano a conversare usando gli uni un inglese mal parlato e gli altri un italiano scarso, ma per questo ridevano e scherzavano prendendosi in giro per il loro modo di parlare, e bevevano. Bevvero troppo, lasciando molti boccali di birra vuoti sul tavolo, gli irlandesi erano abituati a bere e pur avendo bevuto la solita quantità di birra, sembravano più sobri di loro.
Anche questa volta il 23 NERO non li aveva traditi, li aveva fatto trascorrere delle ore spensierate, ma era tardi ormai, dovevano rientrare a casa, la mattina sarebbe giunta presto e dovevano compiere il loro dovere; andare a lavoro. Pagarono e si avviarono con la macchina verso il loro paesello.
Procopio era il guidatore, il maggiolone bianco con tettuccio apribile la sua macchina, il suo amore, il suo compagno inseparabile; aveva una guida sicura e tranquilla, con una mano teneva il volante e con l’altra la leva del cambio, era rilassante viaggiare con lui. Accanto a lui c’era Nevio, totalmente adagiato e immerso nella poltroncina, amante della musica italiana e sempre alla ricerca, tra le stazioni della radio, canzoni a lui piacenti; girando e rigirando la manopola della sintetizzazione trovò un vecchio motivo musicale e si soffermò ad ascoltare chiedendo agli altri se si ricordavano il titolo, il complesso lo disse lui: Santo California. Nessuno dei suoi amici seppe dare la risposta e tutti rimasero silenziosamente in ascolto per ricordare. Nella parte posteriore aveva occupato posto Odoacre, che passava il tempo guardando fuori dal finestrino e con le gambe rannicchiate perché troppo lunghe per stare comode, nel mezzo sedeva Tiberio, piccolo e immobile che seguiva metro dopo metro la strada da percorrere e infine c’era Pancrazio, quello che stava più comodo di tutti e tre, gambe larghe, schiena appoggiata completamente allo schienale e con la sigaretta in bocca.
Tutti e cinque erano assorti, chi in un modo chi in un altro, nell’ascoltare la musica, la birra bevuta contribuiva all’estraniazione del momento; la macchina cominciò a prendere velocità, i chilometri sembravano sempre più corti, le case ai fianchi della strada sfuggivano rapidamente dalla vista. Improvvisamente un camion si presentò di fronte a loro, non ci furono frenate e neanche grida, lo schianto fu per tutti mortale, poi solo silenzio tranne la radio che continuò a funzionare.
……..103.9 la tua radio, continua a viaggiare con i Santo California, continua a sognare con Soleado………………………

Michele

giovedì 5 febbraio 2015

tratto da: Spariti e Sparati, i casi di Martin Pallottola



 Enigmi mortali

Martin era sempre di malumore quando si svegliava, ma quella mattina lo era ancora di più. Aveva dormito male, il sonno era stato accompagnato da sogni strani che lo avevano svegliato varie volte. Fece i rituali mattutini con una lentezza insolita, iniziò a ritrovare la normalità quando portò Abramo a fare la solita passeggiata della giornata.
Giunse a lavoro con una decina di minuti di ritardo e questo insolito fatto provocò le domande dei colleghi curiosi.
Non c’è niente, non è giornata, lasciatemi stare! Furono le frasi di risposta.
Martin passò la mattinata a riempire rapporti, ad analizzare fotografie e sbrigare altre pratiche di ufficio. Poco prima di mezzogiorno li fu recapitata una busta gialla senza mittente e il destinatario sembrava essere lui, anche se c’era scritto Martino Pallotta. La aprì con riluttanza e quando trovò un biglietto con dei disegni rappresentanti un rebus, pensò a uno scherzo o uno sbaglio e dopo averlo appoggiato sulla scrivania non lo guardò più. Passò anche il pomeriggio seduto alla scrivania, non aveva casi particolari da seguire e approfittò della calma relativa per mettersi in pari con la gran quantità di scartoffie che occupavano la scrivania ormai da qualche tempo. Verso le venti decise di andare a casa, aveva sistemato quasi tutto e la sua postazione sembrava un’altra, il biglietto ricevuto nella mattinata era appoggiato alla lampada, lo prese infilandoselo in tasca e uscì dal commissariato. Montò in auto, mise il CD di De Andrè in concerto live con la PFM e cantando partì.
Ad aspettarlo in giardino c’era Abramo che lo fissava mentre parcheggiava, Martin fu contento di vederlo e decise di portarlo a fare una passeggiata sul Lungolago e poi di fermarsi a cena alla solita trattoria, non era in forma per prepararsi da mangiare, era stato tutto il giorno insofferente. La serata passò tranquilla, aveva trovato la solita ospitalità del posto e i soliti clienti abituali con i quali aveva conversato del più e del meno. Il tempo però passa in fretta quando stai bene e intorno alla mezzanotte Martin e Abramo rientrarono in casa. Sistemò meticolosamente i propri abiti, era l’unica cosa che curava con ordine e precisione, e dopo essersi lavato i denti, si coricò nel letto, prima però aveva preso il biglietto ricevuto e si mise a osservarlo con più attenzione. I disegni rappresentavano un rebus, come del resto era scritto sopra, di varie parole 3 2 7 3 2 6, Martin non era pratico di enigmistica, vide che c’erano degli alberi, un re, un angolo, una nota che doveva essere un DO, dei pesi e delle mani, ma non riusciva a capire il senso della cosa, della frase o di quello che avrebbe dovuto indovinare, pensò che quei numeri probabilmente indicavano la lunghezza delle varie parole, ma non riuscì a tirarci fuori nulla. Lo appoggiò sul comodino, spense la luce e si addormentò poco dopo.



La mattina seguente ebbe un risveglio migliore del giorno precedente, fece colazione, si preparò e prima di andare a lavoro passò dalle sorelle Della Chiesa a salutarle. Furono felici di vederlo, in particolar modo Cristiana che stravedeva per lui, anche Martin le adorava e le considerava come fossero le sue zie, aveva sempre delle accortezze per loro, a volte sbrigava per loro commissioni, altre volte le accompagnava negli uffici, spesso le omaggiava di piccoli doni e quando poteva le accompagnava a teatro, grande loro passione. Allo stesso modo loro facevano tanto per Martin, tenevano in ordine e pulita la sua abitazione, spesso li preparavano il pranzo o la cena, molte volte lo invitavano a mangiare a casa loro e sempre accudivano ad Abramo. Dopo aver bevuto a forza un altro caffè in loro compagnia, le salutò per andare a lavoro r prima di uscire disse a Beatrice che c’era un biglietto sul comodino, che lo prendesse e poiché era una grande appassionata di enigmistica, provasse a risolvere quell’arcano chiamato rebus.
Mentre stava parcheggiando nel suo posto fisso davanti al Commissariato, Martin ricevette una telefonata che lo informava di un omicidio avvenuto nella notte e scoperto quella mattina. Ripartì immediatamente verso il luogo del ritrovamento del cadavere; l’Università delle Belle Arti.
Fu ricevuto da un agente che lo condusse nell’ufficio del rettore, che giaceva privo di vita sulla sua poltrona di pelle. L’uomo aveva la gola tagliata e un pugnale conficcato nel cuore. Erano già presenti gli uomini della Scientifica, il vice Questore e il Commissario, oltre agli agenti Scrocco e Colantuono. Dopo aver preso qualche informazione e osservato la scena del crimine, decise di tornare in ufficio lasciando gli agenti della Scientifica a svolgere il proprio lavoro.
Erano passate circa due ore dal rientro in ufficio e mentre stava rileggendo gli appunti delle dichiarazioni a caldo dei testimoni che avevano trovato il cadavere, il telefono squillò.
Si pronto?
…………………
Oh ciao Benedetta!
…………………………..
Hai già risolto il rebus? Ma non era urgente potevi farlo con calma!
……………………………
Ah era facile? Non per me!
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Scusa come hai detto?
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La soluzione era “per il rettore non c’è domani”?
………………………………………..
Grazie, grazie, ma ora ti devo lasciare!
……………………
Ok ciao a stasera!

Martin, dopo aver riattaccato, rimase qualche minuto assorto nei suoi pensieri, elaborando quel messaggio ricevuto per posta che lo allertava sull’omicidio avvenuto.
Chi poteva essere e come mai lo aveva mandato a lui? Era lui il reale destinatario o il signor Pallotta?
Mentre era in riunione con il Commissario e gli Agenti intervenuti sul luogo dell’omicidio, gli fu recapitata una nuova busta gialla ancora senza mittente e ancora Martin Pallotta come destinatario. Questa volta la aprì immediatamente e con fervida curiosità lesse il contenuto; c’era un casellario a schema con una serie di definizioni e una riga verticale di color grigio che, secondo l’Agente Scrocco, avrebbe dato la soluzione dopo aver risolto il tutto.
Diciassette domande per diciassette risposte; risultato diciassette lettere per formare una frase composta da quattro parole: due, cinque, quattro e sei.
                            
                      
I presenti cominciarono le risposte alle definizioni, molte delle quali erano facili e intuitive ma alcune……., alcune erano difficili e altre erano quelle classiche dell’enigmistica da intuire, da captare, da giocare con la definizione stessa.
Comunque nel giro di un’ora, con l’aiuto di Internet e quello di appassionati d’enigmistica, fu trovata la soluzione: La posta sarà orfana!
Capirono che sarebbe stato colpito qualcuno che lavorava alla posta, intuirono che molto probabilmente sarebbe stato uno di comando, quindi un direttore e cominciarono a contattare tutte le sedi delle poste della città mettendo in preavviso i direttori e cominciarono a organizzare la loro sorveglianza.
Il resto della giornata e la nottata passarono in tranquillità, non ci fu nessun tentativo di attacco a nessuno dei sorvegliati; Martin non faceva parte della squadra dei sorveglianti, composta soltanto da agenti, ma aveva passato tutta la notte sveglio vagliando e studiando tutti i particolari di questo caso arcano. Scoprì che tutti i mercoledì di ogni settimana i direttori delle poste si riunivano per discutere e analizzare le situazioni generali e individuali, quindi decise di far presidiare la zona dove si sarebbe tenuta la riunione. Mentre stava prendendo un caffè al bar vicino al Commissariato, sbirciò il giornale locale che stava leggendo una signora seduta accanto al bancone; c’era un trafiletto che diceva così: “Stamani alla solita riunione della posta presente anche il Direttore Generale”. Questo fece scattare un campanello d’emergenza nella mente di Martin e cominciò a telefonare a varie persone; prima al Commissariato, poi alla redazione del giornale locale e infine partì verso l’albergo dove soggiornava il Direttore Generale e dopo essersi fatto aprire la camera 222 trovò la soluzione all’enigma. L’uomo giaceva sul letto con la gola tagliata e un coltello piantato nel cuore, solito modus operandi, anche stavolta era riuscito nel suo intento.
La notizia, ben presto, fece il giro di tutte le Tv locali e nazionali, dei giornali e diventò l’argomento principale chiacchierato in tutti i Bar; il Killer della Sfinge, così era stato soprannominato l’assassino.
Martin era depresso da questa storia, non gli piaceva l’enigmistica e oltretutto era sempre un passo indietro rispetto alla morte, inoltre il Killer agiva velocemente, sicuramente aveva pianificato tutto da qualche tempo; sperava che non ci fossero altre morti ma non era convinto, non vedeva ancora una fine, anche se non vedeva ancora un collegamento tra questi due assassini. Non riusciva a capire come stava ragionando il Killer, su cosa si basava nel scegliere le vittime, era veramente avvolto nel mistero del grande enigma.
Lavorò fino al primo pomeriggio, studiò e controllò più volte questi due casi, per riuscire a trovare un nesso, un indizio, un qualcosa che lo collegasse a una pista, ma non riuscì a trovare niente. Verso le sedici, dopo aver mangiato qualcosa, decise di andare a casa per riposarsi un poco, aveva bisogno di avere la mente lucida. Salutò velocemente le tre sorelle, spiegò in fretta e furia a cosa stava lavorando, specialmente a Benedetta, che nel suo intimo cominciò ad analizzare tutte le notizie avute, giocò qualche minuto con Abramo e poi si coricò, entrando immediatamente nel mondo di Morfeo.
All’ora di cena il telefono squillò svegliando Martin.
Salve capo, sono Colantuono, scusa se ti disturbo, ma con il casino che è successo stamani la posta è andata in tilt e hanno portato solo ora una busta gialla indirizzata a te, penso sia importante e ti ho chiamato subito.
Grazie Federico, aprila pure tu e dimmi cosa c’è!
Ok, faccio immediatamente, cavolo, è proprio una di quelle; c’è un cruciverba da risolvere!
Federico ascolta, cominciate a risolvere l’enigma, io fra poco arrivo!
                                       
Guidò come un folle verso il Commissariato, pensò che avrebbero dovuto togliergli la patente, ma il caso richiedeva quell’urgenza e allora accese la luce lampeggiante e continuò la sua corsa. Quando arrivò, il cruciverba era quasi tutto risolto, mancavano due risposte che nel giro di poco furono trovate; la soluzione all’enigma era: La banca toglie la gonna nera!
Martin, in compagnia di Colantuono e degli agenti Scrocco e Fornaciari, cercarono di decifrare e capire il senso della frase, ma non riuscivano a trovare un collegamento, poi arrivò Wong, l’esperto informatico, che azzardò l’idea che probabilmente l’indizio parlava di una donna che lavorava in banca con una predilezione per le gonne nere, al che Martin ebbe come un’illuminazione, la banca della quale era cliente, aveva come direttrice la signora Lara Gazza e le volte che si ricordava di averla incontrata, indossava sempre una gonna nera.
Eccola! Trovata! Deve essere lei, cerchiamo indirizzo, telefono e andiamo subito da lei.
Provarono a chiamarla al telefono, ma entrava la segreteria e al cellulare che dava utente irraggiungibile; a sirene spiegate andarono verso l’indirizzo dell’abitazione e dopo aver suonato varie volte senza ricevere risposta, sfondarono la porta e la trovarono distesa sul divano, anche lei con la gola tagliata e il coltello piantato nel cuore. Erano le 21:45, il corpo ancora caldo, erano arrivati in ritardo, di poco, ma in ritardo.
Fecero i soliti controlli e le solite perizie ma non trovarono alcun indizio, come negli altri omicidi. Stavano brancolando nel buio, anche se forse questa volta avevano qualcosa in mano, mentre di corsa andavano verso l’abitazione di Lara Gazza, avevano incrociato un uomo con un cane che proveniva da quella direzione e in seguito a accertamenti avevano scoperto che nessuno dei residenti in zona possedeva un cane del genere, tranne la signora Gazza, ma in casa non lo avevano trovato. Martin aveva incrociato lo sguardo con quell’individuo ma non ricordava la faccia, tra l’altro nascosta da un borsalino grigio; comunque avevano una sommaria descrizione del presunto Killer: uomo di altezza media, capelli scuri e probabilmente anche occhi di colore nero e di costituzione robusta, ma tutto ciò non bastava a creare un identikit veritiero. Arrivati in Commissariato, provarono a guardare varie foto segnaletiche presenti nel PC, ma non trovarono nessuno che facesse al loro caso.
Martin fece fatica ad addormentarsi quella sera, pensava e ripensava a quell’uomo che aveva visto ma non guardato attentamente, cercava di trovare mentalmente un particolare che potesse in qualche modo farlo riconoscere o renderlo riconoscibile, ma non riuscì nel suo intento. La stanchezza prese il sopravvento in tarda notte e dopo poche ore la sveglia suonò, fece colazione dalle sorelle Della Chiesa, le salutò perché andavano qualche giorno dai parenti in Abruzzo e portavano con sé anche il suo fedele amico Abramo e poi si recò a lavoro ripensando alla faccia del probabile assassino per tutto il tragitto in auto.
Durante la solita riunione mattutina con i suoi collaboratori, si rese conto che stavano realmente brancolando nel buio e anche se avevano questo piccolo indizio, trovare l’assassino sarebbe stato veramente arduo. La mattinata scorse tra scartoffie e telefonate varie, fu ritrovato il cane della signora Gazza che chissà da dove, era ritornato nel suo quartiere dalla sua ormai ex padrona.
Quando arrivò la quarta busta gialla, all’interno del Commissariato ci fu un silenzio surreale; Martin la aprì osservato da tutti e questa volta, il foglietto presentava un indovinello con la soluzione in due fasi, cinque lettere la prima e tre e due la seconda:

SON DI MARE E PRELIBATE
E DAI SUB RICERCATE

E’ IL MOMENTO DI SESSANTA PICCOLINI
QUANDO E’ ICS CON LO STRESS TI AVVICINI

PER GLI INGLESI E’ UN RITUALE
UN SOGGETTO MOLTO SPESSO PERSONALE

La soluzione fu trovata subito, ormai erano allenati all’enigmistica, ma non capirono immediatamente a chi si riferiva, quando Martin esclamò:
Siamo alla resa dei conti, lui vuole me, sono io il prossimo bersaglio!
Dopo un attimo di sbigottimento cominciarono tutti a parlare cercando soluzioni, difese, contrattacchi, piani di strategia, trappole e trabocchetti. Pallottola zittì tutti e poi parlò: Ragazzi, questo è furbo e capace, non credo sia semplice metterlo di mezzo, sicuramente colpirà quando sarà sicuro di farlo, perciò abbandoniamo l’idea di seguirmi, sorvegliarmi e proteggermi. Dovrò affrontarlo da solo e non voglio interferenze, così ho deciso e questo sia chiaro è un ordine!
Ma capo…cominciò la frase Colantuono, ma poi lasciò perdere dopo aver visto lo sguardo di Martin.
La giornata fu passata cercando di trovare qualche indizio per incastrare il Killer, ma furono ricerche invane, Martin guardò tutte le foto segnaletiche in loro possesso, sperando di riconoscere quella faccia intravista quella mattina, ma anche in questo caso il risultato fu negativo.
La sera, quando si salutarono, ci furono molte raccomandazioni a Martin da parte dei colleghi; Stai attento, Guardati le spalle, Dormi con gli occhi aperti e così via. Martin fu compiaciuto di tutto quel riguardo e quell’attenzione, ma in fondo sapeva che alla fine lo avrebbe dovuto affrontare e questo non lo faceva stare tranquillo, era consapevole che questo Killer sapeva come muoversi, come agire, come comportarsi e quando farlo, perciò lui sarebbe dovuto stare sempre attento, non si sarebbe dovuto distrarre mai, questo era un gioco mortale, chi sbagliava pagava. Comunque, nonostante la preoccupazione non fece intendere il suo timore ai colleghi.
Salutò tutti e fissando l’appuntamento il giorno dopo, com’era solito fare, si allontanò sulla sua Mini Minor rossa fermandosi come il solito alla trattoria del suo amico e poi, dopo una buona cena accompagnata da un vino rosso della casa, andò verso la sua abitazione.
Si comportò come tutte le sere ma non era come sempre, la paura che lo colpisse nella notte entrò in lui, sentiva che sarebbe stato proprio quella notte il momento in cui il Killer avrebbe agito e quindi dopo aver sfatto il letto ed essersi lavato i denti si coricò e come tutte le sere lesse una ventina di pagine del libro che teneva sul comodino ormai da mesi.
Quando spense la luce dell’abatjour, invece di girarsi nel letto con la faccia rivolta verso la finestra per vedere il cielo, scese al buio giù nel soggiorno e si sedette sulla poltrona pensando in qualche modo di ingannare o disorientare il suo avversario; si coprì con un plaid e lentamente si addormentò. Un rumore lo destò, ma rimase nella sua posizione immobile e cercando di mantenere il respiro da dormiente, un altro piccolo rumore gli fece capire che qualcuno era in casa, il killer probabilmente, ma non riusciva a capire dove potesse essere. Ci furono alcuni minuti di silenzio assoluto, sentiva solo il suo respiro, poi improvvisamente accadde simultaneamente che lui lo vedesse passare davanti alla finestra e che il Killer lo attaccasse; fu un attacco rapido nel quale Martin non riuscì a prendere la pistola, l’uomo di stazza robusta che era sopra di lui brandiva un coltello con la mano sinistra, Pallottola cominciò a lottare e grazie ai suoi anni passati a Quantico, dove aveva praticato lotta, pugilato e arti marziali, riuscì a contenere quella furia assassina, e anche se l’avversario sembrava molto preparato al combattimento ce la fece a fargli cadere il coltello e continuarono a lottare sul pavimento. Ci fu un momento in cui Martin sembrava aver preso il sopravvento, ma durò poco perché il Killer riuscì a metterlo spalle a terra e cominciava a stringere il suo collo e lo faceva con una mano sola, Martin cercava di liberarsi da quella presa ma non riusciva, l’avversario era molto più forte di lui e lentamente cominciava a cedere, sentiva la presa al collo sempre più forte e cominciava a perdere conoscenza. Cominciò a pensare alla sua morte, immaginava di percorrere una lunga strada verso una porta offuscata dalla penombra, la aprì e poi sentì il colpo della porta che si richiudeva alle sue spalle. Capì che era morto, qualcosa però non era andato come aveva immaginato, perché ricominciò a sentire le voci e vedere la luce, pian piano aprì gli occhi e vide Luca, il suo migliore amico, sopra di lui che lo stava schiaffeggiando, in breve tempo riprese conoscenza e vide il Killer sdraiato accanto a lui con le manette ai polsi e una spalla sanguinante. Nel giro di pochi minuti arrivarono due pattuglie della Polizia, una delle quali portò via il Killer per curarlo alla ferita della spalla, colpita dal proiettile della pistola del Sovraintendente Scamorto. Arrivò anche il medico per visitare Martin, ma a parte qualche contusione e un bello spavento, le condizioni erano ottime.
Martin raccontò quello che era successo fino a quando si ricordava e poi continuò Luca, che spiegò al suo amico e ai colleghi che lui se ne era fregato di quel che aveva detto il Capo e, meno male, lo aveva pedinato fin da quando era uscito dal Commissariato, quando era andato in trattoria e poi fino a casa; però non aveva visto entrare il Killer, chissà da dove era entrato. Comunque aveva seguito, dalla finestra, tutte le mosse del Capo fino a vederlo sedere in poltrona, poi qualche ora dopo aveva notato un movimento sospetto, era entrato dalla porta sul retro e aveva sparato al Killer per fermarlo. C’era riuscito.
Grazie Luca ti devo la vita.
Non ci sono problemi, ora però riposati, ci vediamo domani a lavoro, io vado a fare rapporto e poi anch’io cercherò di riposare.
Il giorno dopo al suo arrivo trovò tutti ad aspettarlo, e lo accolsero come un eroe, ma lui disse che l’unico che meritava tutta l’attenzione era il suo salvatore. Seppe da Colantuono che il killer era un ex agente di Polizia, e Martin si ricordava il nome, che era stato mandato via perché sospettato di intascare mazzette e per atteggiamenti violenti e non necessari nei confronti degli arrestati. La sua rabbia nei confronti di Martin era dovuta al fatto che riteneva responsabile, anche se non era vero, del suo allontanamento dalla Polizia e aveva escogitato tutto ciò per dimostrare che lui era meglio della “ fighetta” Pallottola, testuali parole presenti nella confessione dell’assassino. Martin rise all’ultima frase e poi ringraziò ad alta voce l’amico Scamorto che era appena arrivato.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno. Dichiarò Luca.
E allora ho bisogno che tu mi aggiusti la porta che hai sfondato. Rispose Martin
E fra le risate dei presenti i due si abbracciarono.

Michele............