sabato 23 marzo 2013

chattiamo



Lui era un uomo abbastanza estroverso e socievole.
Lei era una donna timida e introversa.
Lui frequentava abitualmente le chat.
Lei si era avvicinata per la prima volta.
Lui chattava per conoscere e parlare.
Lei chattava per curiosità.
S’incontrarono per caso su una comune chat, la prima sera parlarono per circa quindici minuti, poi lei presa dallo stress della prima volta abbandonò la chat, ma la sera dopo si ripresentò cercandolo e lo trovò e parlarono del più e del meno per circa un’ora, e le sere dopo i loro incontri continuarono passando da una chat pubblica ad una privata e gli argomenti di cui parlavano diventavano giorno per giorno sempre più personali.
Lei era felice e leggermente spaventata da ciò che stava accadendo.
Lui era contento di poter parlare con lei e aspettava con ansia il momento dell’incontro.
Ma arrivò il giorno che lei, la donna timida e introversa, moglie e madre felice di esserlo, si rese conto che si era infatuata di un altro, un perfetto sconosciuto, uno di cui conosceva solo qualcosa, ma che l’aveva fatta sentire importante, interessante e desiderata, sensazioni che forse aveva scordato di provare.
Lui in un misto di vanità, presunzione e felicità intuì che la situazione si complicava perché stava trascurando la sua normale vita per una donna senza volto di cui conosceva poco o niente e nemmeno se quello che sapeva fosse la realtà.
Lei si confessò a lui confidando tutte le sue paure.
Lui la confortò ammettendo che anche lui provava qualcosa per lei.
Lei aveva paura di quello che stava accadendo.
Lui sapeva che era un’infatuazione passeggera.
Lei smise di chattare e non lo fece più.
Lui continuò, ma ogni volta che lo faceva pensava a quello che era successo con lei.
Lei e lui vissero felicemente le proprie vite, ma entrambi ricordarono sempre con piacere la loro avventura.

Michele

Tre giorni, tre lune.........

primo giorno, prima luna......



In una gelida mattina, durante la sua lezione, un saccente professore insegnava la sua filosofia della vita. Dopo tanto parlare dell’essere e non essere, di come, di dove e di quando, lasciò la parola ai suoi laureandi allievi. Prese la parola, dopo una lunga alzata di mano, una giovane dall’aspetto totalmente contrario alla ragazza immagine e sentendosi tutti gli occhi presenti in aula fissi su di lei stentò a parlare, ma dopo un accenno del professore a proferir parola disse: Non le sembra di vivere in una realtà irreale? A me pare una vita virtuale!  Il silenzio calò nell’aula per qualche minuto, poi il docente cominciò a snocciolare parole su parole aggirando la domanda alla quale era stato chiamato a rispondere.

In un pomeriggio primaverile, alcuni bambini tra i quattro e i sei anni stavano giocando con altalene e scivoli nell’accogliente parco cittadino. Le mamme insieme ad un bambino più grande li stavano osservando chiacchierando del più e del meno, quando una di loro vedendo il giovane accanto a lei triste e malinconico gli chiese cosa lo turbasse in quel malo modo. Lui rimase zitto e pensieroso osservando il terreno tra i suoi piedi poi alzò la testa, fissò negli occhi colei che gli aveva rivolto parola e tutto di un fiato esclamò: Sono gli alieni che hanno ucciso mio padre! 

Una domenica mattina, nella piccola chiesa di periferia, l’anziano parroco si rivolse ai numerosi fedeli, intervenuti anche con la burrasca che stava colpendo l’intera regione, con un sermone totalmente dedicato alla certezza che c’era la mano di Dio su catastrofi, terremoti, inondazioni e tutto ciò che da mesi stava colpendo il mondo. Secondo lui tutto ciò era una punizione per il modo in cui stavamo trattando la natura e gli esseri umani, era per ammonirci che se avessimo continuato a comportarci così, quello sarebbe stato il suo modo per far finire questa storia. Poi finita la sua omelia chiese che tutti pregassero affinché il bene prevalesse sul male, in modo da far placare l’ira di Dio e ritornare ad una vita beata. Ma dal fondo della chiesa il matto del paese si alzò in piedi e gridò: Non è Dio a farci questo, sono loro e soltanto loro……. Ed indicando il cielo uscì correndo

In una fresca serata estiva, sei personaggi giocavano ognuno col proprio tablet collegato ad un mega schermo al videogioco più in voga del momento, Inferno sulla Terra. Il clima era sereno e tra prese in giro, risate, mugugni e simpatiche imprecazioni la ludica storia entrava sempre più nel vivo, le due femmine presenti sembravano essere in vantaggio con il punteggio e sorridevano alle battute ironiche dei loro avversari maschili.

secondo giorno, seconda luna..........
 

In un pomeriggio afoso, il professore saccente incontrò tra i corridoi dell’Ateneo quella ragazza scialba che lo aveva sconvolto ed incuriosito con una domanda durante la sua lezione. Si avvicinò e le disse; Ognuno gioca sul virtuale per crearsi una realtà più comoda! E andandosene le strizzò l’occhio, lei lo osservò andar via con la bocca aperta dall’incredulità e dopo aver scosso la testa, si portò il dito indice alla tempia e con il pollice premette il virtuale grilletto di un’irreale pistola.

In una mattina d’estate scaldata dal sole ma rinfrescata da una leggera brezza, due mamme s’incontrarono tra le corsie di un supermercato e mentre riempivano i carrelli parlarono del più e del meno, poi una di loro incuriosita dall’ultimo incontro che avevano avuto chiese all’altra in quale modo era morto suo marito e saputo che era deceduto in seguito ad un incidente stradale domandò perché suo figlio attribuiva quella terribile fine agli alieni. La vedova rispose che molto probabilmente, anzi sicuramente, il bimbo non aveva accettato quel distacco traumatico dall’adorato padre e pensare che fossero stati loro gli rendeva la separazione meno amara e dava al padre una morte eroica.

In un pomeriggio tendente alla sera di una piacevole giornata d’inizio primavera, colui che veniva chiamato matto del paese entrò nel Bar Osteria e si sedette sullo sgabello davanti al bancone e dopo aver chiesto un grosso bicchiere di latte cominciò a parlare all’oste barista: Giù al paese nessuno mi vuol credere, dicono che sono matto, ma non è vero, sono loro che son cretini, non mi vogliono dare retta, ma vedrai che poi ci rimangono male! Hai capito!!! Esclamò infervorato. Si che ti ho capito, ma ogni volta che apri bocca stai a parlare di quei maledetti alieni! Come si fa a darti ragione?! Rispose calmo l’oste. Perché ci son loro di mezzo, te la ricordi la Teresina? La mucca che è morta prendendo la rincorsa per picchiare la testa nel muro e poi via, ti sembra normale che migliaia di topi si siano suicidati tutti insieme nel fiume? È colpa di loro te lo dico io!

In una notte burrascosa, i sei amici continuavano a giocare, erano giorni che lo facevano quasi ininterrottamente, erano collegati online contro altri avversari, il gioco che inizialmente era tutti contro tutti ora si era trasformato in una sfida tra squadre ed i sei personaggi si alternavano nel mangiare e dormire per non lasciare mai il team con meno di quattro persone, ormai la sfida era avanzata e nessuna delle squadre voleva abbandonarla, la storia ludica era vicina alla conclusione e tutti si davano da fare per conquistare la vittoria.

terzo giorno, terza luna........

In una notte fresca e serena, il saccente professore stava leggendo alcune tesi dei suoi allievi quando si soffermò a pensare alla vita ed a quello che aveva detto quella ragazza, erano giorni che quella domanda lo tormentava. Davvero stiamo vivendo in una realtà irreale? Cominciò a consultare alcuni suoi testi filosofici e tra un bicchiere di vino ed un altro, tra un Schopenhauer ed un Nietzsche cominciò ad avere ben chiara la sua opinione sul suo amletico dubbio. Non era la vita che era irreale, ma l’irreale diventato vita. Cercò tra gli appunti il numero di telefono della ragazza per comunicarle il suo pensiero e mentre lo stava componendo, un fulmine colpì la casa uccidendolo all’istante.

In una gelida notte, madre e figlio stavano guardando la televisione, lei chiese a lui cosa stesse pensando ed egli rispose che ricordava il babbo e perché gli alieni lo avessero ucciso, allora la mamma cercò di spiegargli che gli extraterrestri non esistevano e quindi non erano colpevoli della morte del padre. Lui la fissò negli occhi in maniera severa e le disse che anche il babbo non credeva agli alieni e loro lo avevano ucciso. La mamma gli prese la testa fra le sue mani, lo baciò sulla fronte e poi corse fino alla finestra lanciandosi fuori dal quarto piano raggiungendo così suo marito.

In una notte calda, durante la festa del paese l’uomo chiamato matto passeggiava tra i banchetti ambulanti osservando con curiosità tutta la mercanzia esposta, ma ben presto i commenti dei suoi compaesani lo stufarono e decise di andare sulla collina ad osservare il paesello lucente e festoso. Non sopportava più che lo prendessero in giro per via degli alieni: Peggio per loro se non ci credono e che poi non vengano a dirmi che non li avevo avvertiti pensava mentre era seduto e rilassato a guardare le luci del paese ed a sentire la musica lieve che saliva in alto. Fu distratto da un forte rumore che proveniva da Est e guardando verso quella parte vide in pochi attimi arrivare una valanga d’acqua che avvolse e portò via la musica, le luci, la festa, il paese intero.

In una notte illuminata dalle tre lune, i sei amici erano giunti ormai alla fine del gioco, stavano dominando e si avviavano verso la vittoria finale.
Toh prendi questo fulmine, maledetto tuttologo di un professore.
Ed oplà, un bel salto della signora e splash tutti giù per terra, buon viaggio e salutami il tuo incredulo maritino.
Arriva arriva l’acqua, si spengono le luci, si abbassano le musiche, fa festa la festa e come un mago faccio sparire il paese degli scettici.

Perfetto! Grande partita!! Abbiamo stravinto!!! Ed ora per festeggiare tutti a mangiare fuori!!!!

MIchele
 

venerdì 22 marzo 2013

A ROVESCIO

Il diavolo pregò
e il papa benedisse
una croce uncinata che ferì
una colomba che partorì un osso
di vetro che ingrassò un noto mafioso che premiò
un anonimo perdente che eruttò tutta la bile dell'invidia che colorò
un vestito da sposa che lavò le mille pagine della rivelazione che fomentò
i fanatici che festeggiarono la coppa dei campioni che rotolò sulla pancia della
Francia che rivolle indietro le sue colonie e tutte le nazioni s'unirono alla
voce che si gonfiò in un effetto serra glorioso da cui piovvero
dinosauri e studenti con il libretto rosso che non avrebbero
avuto figli e rompevano gusci di noce con dentro
antenne che spargevano notizie false
e canzonette, mentre noi aspettavamo
il segnale di fumo per chi
avesse rivoltato
il cappotto
a diritto.


Daniele

lunedì 18 marzo 2013

Disegni



a Claudia, vera ispiratrice della storia

- Mannaggia a me ed a tutte le volte che dò retta al mio istinto! - disse l’uomo,bagnato fradicio, impettito davanti al cofano aperto del furgone.
- Cosa è successo? - chiese una voce da dentro l’abitacolo.
- Questo dannato furgone è andato, morto, defunto, kaputt. Deve essersi bruciato qualcosa nel motore.
- Cosa facciamo ora? - domandò la stessa voce.
- Non lo so, sta piovendo a dirotto, siamo bloccati in una campagna desolata, con un maledetto furgone che non vuol saperne di ripartire; cosa volete che vi dica! -
- Come non lo sai? Tu non eri quello che avrebbe pensato a tutto? Non vi preoccupate, ci penso io continuavi a dirci! - disse la persona affacciandosi al finestrino.
- Ok, ho sbagliato, lo riconosco, ma non dirmelo con quel tono di voce perché mi sto innervosendo ed inoltre sono tutto bagnato. -
- Basta, basta, non litigate! - supplicò la ragazza dai capelli corti rosso rame.
- Dai non fate i bambini, cerchiamo una soluzione tutti insieme - replicò la ragazza con gli occhiali ed i capelli tenuti legati da un gommino spugnoso.
L’uomo completamente calvo e bagnato salì sul furgone e accese una sigaretta perché era il momento giusto per fumarla, così sostenne lui, ed aggiunse che l’unica cosa che rimaneva da fare, era quella di trovare un riparo, un posto dove passare la notte, ed il giorno dopo avrebbero potuto cercare qualcuno in grado di far rivivere quel dannato furgone.
Ci furono alcuni minuti di silenzio, che i sei amici trascorsero a pensare, a ragionare ed a terminare le sigarette ormai accese da tutti.
Continuava a piovere a dirotto, il respiro ed il fumo emesso dalle bocche assenti di parole, appannarono i vetri del furgone.
Interruppe il silenzio il ragazzo con i capelli lunghi, e mentre si girava nervosamente uno dei sette orecchini del lobo destro, affermò di aver notato un edificio a circa trecento, quattrocento metri, nella direzione opposta a quella in cui stavano dirigendosi.
- Potrebbe essere una casa, un cascinale od un qualcos’altro - tentò di spiegare - ma più preciso non posso essere, perché quando siamo passati ho notato una costruzione in lontananza, ma non sono riuscito ad osservare meglio. -
- Qualsiasi cosa è - propose l’uomo con la lunga barba nera - è un possibile riparo per le nostre teste, se abbiamo fortuna che è abitata tanto meglio, se è disabitata ci ripariamo, ci riposiamo e domani con la luce del giorno andremo a cercare aiuto. -
Furono tutti d’accordo e raccolti gli zaini con i relativi sacchi a pelo, si avviarono sotto l’incessante pioggia, verso lo sconosciuto e sospirato riparo.
Non furono trecento metri, ma quasi un chilometro percorso tra pioggia che veniva dal cielo ed acqua e fango che saltavano da terra.
Quando aprirono la porta di quella casa abbandonata erano esausti ma felici, l’uomo con le lunghe basette e con i baffi rimase per qualche secondo perplesso quando premette l’interruttore e le lampadine di quello splendido lampadario a goccia si accesero, dando una luce insperata a quella stanza, non si aspettava che in una casa abbandonata da anni, come dimostravano le ragnatele e la polvere, potesse esserci ancora corrente elettrica. Le due ragazze e l’uomo calvo deglutirono nervosamente alla vista di una decina di grossi topi, che al loro ingresso li osservarono per qualche secondo prima di fuggire in uno dei loro tanti rifugi, ma furono incoraggiati dal comportamento di quello che sembrava essere il più giovane, infatti il ragazzo con i lunghi capelli entrò rapidamente in casa e si spogliò dei panni ormai fradici di pioggia.
Piano piano tutti si abituarono a quella nuova sistemazione, e dopo essersi rilassati per qualche minuto, cominciarono ad esplorare la casa. Chi da solo, chi in compagnia perlustrava le stanze con ammirazione o sconforto secondo quello che vi trovava dentro.
Il ragazzo con i lunghi capelli vagava lentamente, scrutando ogni piccola cosa con gli occhi di uno studioso, di un esploratore in cerca di un tesoro nascosto da anni e questo maniero che era molto vasto, costituito da molte stanze e costruito su due piani, avrebbe accontentato la sua curiosità. Il giovane salì le scale ed entrò nella prima stanza a sinistra del corridoio, l’aprirsi della porta fece svolazzare nell’aria un foglio di quaderno, che andò a posarsi sotto un vecchio tavolo in legno marrone. Il ragazzo, mentre si avvicinava al tavolo per guardare attentamente il foglio colorato volato alla sua entrata, udì delle voci sommesse e non appena fu vicino tanto da vedere cosa era disegnato su quel pezzo di carta, gli occhi gli si spalancarono e la bocca gli rimase semiaperta.
Sul foglio erano impresse due figure, che lentamente si trasformavano in un disegno; il giovane incredulo, mentre riconosceva in esse la ragazza con i capelli corti rosso rame e l’uomo completamente calvo, udì alcune parole provenire dal foglio: - Aiuta gli altri a fuggire o ci trasformerà tutti! -
Gli occhi ancora sbarrati del ragazzo, cominciarono a produrre lacrime di rabbia, paura ed incomprensione per ciò che stava accadendo, rimase a guardare fin quando le persone diventarono per sempre disegni, notò che all’uomo completamente calvo era rimasta la bocca aperta nel pronunciare le ultime parole, poi la ragione e la consapevolezza di dover aiutare gli altri lo fece schizzare via da quella stanza in cerca dei suoi amici e, mentre scendeva velocemente le scale, vide entrare nella cucina l’uomo dalla lunga barba nera e quello con lunghe basette e piccoli baffi, cercò di chiamarli ma la sua voce uscì in ritardo, un attimo dopo che la porta della stanza si chiuse alle loro spalle. Accelerò la sua corsa rischiando di cadere dalle scale, ma quando entrò nella cucina non trovò anima viva; lo sgomento e lo sconforto  furono accanto a lui come gendarmi, si guardò intorno cercando un foglio simile a quello visto al piano di sopra sperando di non trovarlo, ma lo notò in un angolo della stanza. Lentamente, ma con passi lunghi, si avvicinò sperando di non vedere quello che invece vide, anche quei due suoi  amici si stavano trasformando in un disegno e riuscì a capire solamente due parole dette dall’uomo con la lunga barba nera : - Anche tu! -
Notò inoltre che l’altro amico aveva portato le mani al viso, coprendoselo interamente, come per non vedere quello che gli stava accadendo; non sapeva più cosa fare ed uscì velocemente nell’ingresso che una ventina di minuti prima li aveva accolti tutti felici di essere lì.
Gridò più volte sperando che la ragazza con gli occhiali ed i capelli neri gli rispondesse; in lontananza sentì una flebile voce chiamare aiuto, si lanciò in una corsa disperata verso quella direzione e quando aprì la porta notò la ragazza che stava entrando come per magia nel foglio e superando tutte le paure e le inibizioni che aveva avuto fino a quel momento si tuffò, aggrappandosi a quel braccio ancora animato, cercando di evitare alla ragazza quel triste destino. La parola “aiutami” detta da lei aumentò la forza nel ragazzo con i lunghi capelli e con sette orecchini al lobo destro, ma non riuscì ad essere più forte di quella misteriosa energia, che trascinò entrambi in quel foglio inanimato. L’ultimo grido disperato del giovane rimase sospeso nell’aria della casa per qualche secondo, prima  che il silenzio regnasse nuovamente sovrano.

Nessuno riuscì mai a scoprire cosa successe a quei ragazzi partiti per una gioiosa vacanza e mai più tornati a casa. Il furgone abbandonato diventò la tana di molti gatti randagi, il vecchio edificio fu comprato, dopo molti anni, da una famiglia trasferitasi dall’estero.
Fu buttato via tutto quello che era nella casa tranne dei fogli con dei disegni che, a detta del padre, non avrebbero fatto del male al piccolo figlio di tre anni a cui piacevano molto.

Michele