Era un barbone con le
maniere da signore, ma lui si riteneva soltanto un barbone.
Non gli piaceva essere
chiamato signore ed è così che lo conobbi.
Lo chiamai signore.
Era una mattina fredda e
ventosa e stavo accompagnando mio fratello minore a scuola, quando intravidi
una sagoma umana avvolta in uno sporco impermeabile cadere lentamente a terra,
mi avvicinai velocemente e riconoscendo l’uomo sdraiato in terra esclamai: Signore, ha bisogno di aiuto?
Avrei voglia di qualsiasi cosa
tranne che essere chiamato signore. disse stringendo i
denti.
Fuggii trascinando mio
fratello come fosse l’aquilone che vuoi far alzare da terra.
Lo incontrai la
settimana dopo.
Un pomeriggio soleggiato
e fresco.
Stavo leggendo,
scomodamente seduto sopra una panchina al parco pubblico, un libro di avventura
e con gli occhi di tanto in tanto davo una sbirciata alle persone sedute alle
altre panchine, c’era la signora Champignon insieme alla piccola e diffidente
barboncina Lulù, c’erano la signorina Juliette con i due figli pestiferi e
neanche un padre a cui raccontare le loro gesta e poi c’era lei, la bimba più
antipatica e più indisponente di tutta la scuola Charlotte Des Perignard, detta
puzzasottoilnaso, e fu quando la osservavo con disprezzo che mi accorsi che lui
stava avvicinandosi a lei. Provai in quel momento una specie di compassione per
Charlotte ma durò soltanto un attimo, lei lo mandò via con un gesto spocchioso
della mano e lui imperturbato dal rifiuto si voltò e venne incontro a me.
Per qualche secondo la
paura mi fece compagnia.
Mi chiese una moneta,
gliela detti.
Mi chiese cosa leggevo,
glielo dissi.
I nostri occhi si
osservarono per un lungo tempo, vedevo passare nelle sue pupille molte
sensazioni, rabbia, frustrazione, gioia, serenità, dolore, pacatezza,
rassegnazione, felicità e signorilità, era come vedere un film, il suo film.
Distolsi lo sguardo dai
suoi occhi e stupefatto lo guardai per
intero. Mi sembrava di conoscerlo da sempre.
Io sono quello che tu vorrai essere
da grande - pronunciò sottovoce.
Lo guardai ancora più
allibito avvicinarsi alle altre panchine.
Il giorno dopo tornai al
parco. Ed il giorno dopo. E l’altro ancora. E ancora l’altro. E poi l’altro.
L’altro.
Mi raccontava fatti veri
intervallati o mescolati da storie fantastiche, ed io crescevo ascoltando
l’uomo che chiedeva l’elemosina ma voleva solo una moneta dalle persone, perché
essere barboni è una scelta di vita e non deve essere una condizione, è
scegliere la libertà, abbandonare il consumismo inutile e volgare della
società, rinunciare al futuro sicuro per affrontare il presente giornalmente.
Le sue risposte alle mie domande non erano mai scontate e fuori da ogni logica,
anche se contrari al mio insegnamento c’era qualcosa in quelle sue frasi che mi
davano la sensazione che qualcosa di vero esistesse in quel modo di essere e di
pensare.
Scusa Theo, ma non credi che quelli
che fanno elemosina siano parassiti dell’umanità? chiesi con timidezza.
Tu credi che l’uomo di questa generazione
elettronica e virtuale non abbia bisogno di parlare con qualcuno? domandò sorridendo.
Io glielo offro, in cambio di una
sola moneta rispose ridendo.
E sai perché una sola moneta? chiese scrutandomi.
Perché se ognuno di noi donasse una
sola moneta a chi ne ha bisogno e chi ne ha bisogno si accontentasse del
giusto, ci sarebbero molti meno poveri e molte persone più serene. osservò scrutandosi attorno.
Lui mi spiegò che essere
barboni significava essere amici della natura, viverci insieme, a contatto,
gomito a gomito.
E’ una specie di sfida, la vera
sfida della vita. La vita è continuamente una sfida. Gli uomini si arrabbiano
contro la natura quando questa si ribella con alluvioni e frane e terremoti e
maremoti e valanghe. Ma lo sai perché lei si ribella? Perché è stanca di
sopportare i soprusi che gli uomini le provocano. Perché gli uomini non
rispettano l’equilibrio che ci deve essere in un qualsiasi rapporto di coppia.
Ne approfittano. E lei si stanca. Ed ha ragione. Ed è violenta, mamma mia come
è violenta. Distrugge, uccide, devasta, stravolge. Ma è perdonata. Perché ha
ragione. Perché è la natura. La natura ti offre spettacoli stupendi. Cascate.
Albe. Tramonti. Arcobaleni. Fulmini. E tu cosa le dai in cambio?
Si allontanò velocemente
ed io rimasi perplesso nel constatare che si era rivolto direttamente a me.
Avevo undici anni e qualche volta premiavo mio fratello portandolo ad
ascoltare i discorsi del barbone. Mio fratello aveva otto anni. Chiese una
moneta al barbone. Lui gliela posò dolcemente sul palmo.
Non domandai mai niente, tranne la volta che chiesi cosa era la felicità.
La felicità è una cosa effimera od
una cosa quotidiana. Puoi non raggiungerla mai o conviverci tutti i giorni.
Dipende sempre dall’importanza che ognuno di noi riserva alle cose. Anche alle
piccole. Io ho sbagliato molte volte la valutazione. Ho creduto di essere
felice, di aver raggiunto la felicità quando vinsi ad una lotteria nazionale
diversi miliardi, mi sentivo in cima al mondo. Pensavo che con mia moglie e mio
figlio avrei potuto raggiungere la felicità in tutta la sua grandezza. L’auto
fuori strada distrusse il mio sogno. Uccise mio figlio. Ammazzò mia moglie. Ed
io ero veramente ricco. Dannatamente ricco. Ricco, ricco, ricco. Non volevo più
avere tutto ciò che avevo desiderato per tutta la vita, avevo molti soldi e
potevo non lavorare. Regalai tutta la vincita a vari associazioni benefiche e
decisi che non avrei più lavorato. Non aveva senso. Non aveva più importanza.
Volevo vivere senza più nessuno aiuto, non volevo responsabilità. Volevo essere
un barbone. E lo sono. Orgogliosamente.
Non feci mai parola con
nessuno dei discorsi del barbone, neanche a mamma e nemmeno a babbo, pure al
mio migliore amico non dissi niente.
Molte volte le cose fatte con buona
coscienza portano risultati negativi. Non tutto ciò che crediamo sia bene, in
realtà lo è. Molte volte lo facciamo senza tenere di conto a chi o a cosa lo
facciamo. Usando detersivi facciamo male al mare, se ci laviamo spesso facciamo
male alla nostra pelle, stare troppo fermi fa male al corpo, non credere nella
natura fa male al Signore. Con la televisione, il computer, i video giochi, il
lavoro frenetico, le persone parlano poco e sono felici di parlare con noi. Che
li rivolgiamo la parola. Che li facciamo sentire vivi. Molti si arrabbiano con
noi e forse hanno ragione. Ma non bisognerebbe mai fermarci alla
superficialità. Bisognerebbe conoscere le persone. Forse sarebbe più facile.
Per noi. Per loro. Per tutti.
L’ultima volta che lo
vidi aveva una forte tosse e la voce roca.
Io non conosco quale sia la verità. La giusta via.
La strada da percorrere. Ognuno di noi ha il suo tragitto dentro di se,
l’importante è non andare contro senso. Contro il proprio senso. Io. Tu.
Ognuno. Chiunque ha commesso errori, chiunque li commetterà, ma non puoi farci
niente. La vita è crudele. Ti mette sempre davanti ad una o più scelte e tu non
puoi fare a meno di scegliere. Devi farlo. Cerca di credere in quello che fai e
difficilmente sbaglierai e se commetti un errore, non deluderti ma apprezza il
fatto che chi fa può sbagliare e chi non
sbaglia mai è perché non fa le cose. Ognuno crede in qualcosa e mai nessuna
cosa al mondo può sostenerti quanto credere in te stesso.
Il giorno dopo non
venne, pensai fosse malato. Anche il secondo non venne. Neanche il terzo. E il
quarto. E il quinto.
Non lo vidi più.
Seppi della sua morte
una settimana dopo.
Lo trovarono sotto un
ponte.
Nelle tasche
dell’impermeabile sporco aveva due cicche, un fiammifero e undici monete, il
guadagno di una giornata.
La broncopolmonite lo
aveva sorpreso nella notte.
Michele
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