lunedì 18 marzo 2013

il barbone






Era un barbone con le maniere da signore, ma lui si riteneva soltanto un barbone.
Non gli piaceva essere chiamato signore ed è così che lo conobbi.
Lo chiamai signore.

Era una mattina fredda e ventosa e stavo accompagnando mio fratello minore a scuola, quando intravidi una sagoma umana avvolta in uno sporco impermeabile cadere lentamente a terra, mi avvicinai velocemente e riconoscendo l’uomo sdraiato in terra esclamai: Signore, ha bisogno di aiuto?
Avrei voglia di qualsiasi cosa tranne che essere chiamato signore. disse stringendo i denti.
Fuggii trascinando mio fratello come fosse l’aquilone che vuoi far alzare da terra.

Lo incontrai la settimana dopo.
Un pomeriggio soleggiato e fresco.

Stavo leggendo, scomodamente seduto sopra una panchina al parco pubblico, un libro di avventura e con gli occhi di tanto in tanto davo una sbirciata alle persone sedute alle altre panchine, c’era la signora Champignon insieme alla piccola e diffidente barboncina Lulù, c’erano la signorina Juliette con i due figli pestiferi e neanche un padre a cui raccontare le loro gesta e poi c’era lei, la bimba più antipatica e più indisponente di tutta la scuola Charlotte Des Perignard, detta puzzasottoilnaso, e fu quando la osservavo con disprezzo che mi accorsi che lui stava avvicinandosi a lei. Provai in quel momento una specie di compassione per Charlotte ma durò soltanto un attimo, lei lo mandò via con un gesto spocchioso della mano e lui imperturbato dal rifiuto si voltò e venne incontro a me.
Per qualche secondo la paura mi fece compagnia.
Mi chiese una moneta, gliela detti.
Mi chiese cosa leggevo, glielo dissi.
I nostri occhi si osservarono per un lungo tempo, vedevo passare nelle sue pupille molte sensazioni, rabbia, frustrazione, gioia, serenità, dolore, pacatezza, rassegnazione, felicità e signorilità, era come vedere un film, il suo film.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi e  stupefatto lo guardai per intero. Mi sembrava di conoscerlo da sempre.
Io sono quello che tu vorrai essere da grande - pronunciò sottovoce.
Lo guardai ancora più allibito avvicinarsi alle altre panchine.

Il giorno dopo tornai al parco. Ed il giorno dopo. E l’altro ancora. E ancora l’altro. E poi l’altro. L’altro.

Mi raccontava fatti veri intervallati o mescolati da storie fantastiche, ed io crescevo ascoltando l’uomo che chiedeva l’elemosina ma voleva solo una moneta dalle persone, perché essere barboni è una scelta di vita e non deve essere una condizione, è scegliere la libertà, abbandonare il consumismo inutile e volgare della società, rinunciare al futuro sicuro per affrontare il presente giornalmente. Le sue risposte alle mie domande non erano mai scontate e fuori da ogni logica, anche se contrari al mio insegnamento c’era qualcosa in quelle sue frasi che mi davano la sensazione che qualcosa di vero esistesse in quel modo di essere e di pensare.
Scusa Theo, ma non credi che quelli che fanno elemosina siano parassiti dell’umanità? chiesi con timidezza.
Tu credi che l’uomo di questa generazione elettronica e virtuale non abbia bisogno di parlare con qualcuno? domandò sorridendo.
Io glielo offro, in cambio di una sola moneta rispose ridendo.
E sai perché una sola moneta?  chiese scrutandomi.
Perché se ognuno di noi donasse una sola moneta a chi ne ha bisogno e chi ne ha bisogno si accontentasse del giusto, ci sarebbero molti meno poveri e molte persone più serene. osservò scrutandosi attorno.
Lui mi spiegò che essere barboni significava essere amici della natura, viverci insieme, a contatto, gomito a gomito.
E’ una specie di sfida, la vera sfida della vita. La vita è continuamente una sfida. Gli uomini si arrabbiano contro la natura quando questa si ribella con alluvioni e frane e terremoti e maremoti e valanghe. Ma lo sai perché lei si ribella? Perché è stanca di sopportare i soprusi che gli uomini le provocano. Perché gli uomini non rispettano l’equilibrio che ci deve essere in un qualsiasi rapporto di coppia. Ne approfittano. E lei si stanca. Ed ha ragione. Ed è violenta, mamma mia come è violenta. Distrugge, uccide, devasta, stravolge. Ma è perdonata. Perché ha ragione. Perché è la natura. La natura ti offre spettacoli stupendi. Cascate. Albe. Tramonti. Arcobaleni. Fulmini. E tu cosa le dai in cambio?
Si allontanò velocemente ed io rimasi perplesso nel constatare che si era rivolto direttamente a me.

Avevo undici anni e qualche volta premiavo mio fratello portandolo ad ascoltare i discorsi del barbone. Mio fratello aveva otto anni. Chiese una moneta al barbone. Lui gliela posò dolcemente sul palmo.
Non domandai mai niente, tranne la volta che chiesi cosa era la felicità.
La felicità è una cosa effimera od una cosa quotidiana. Puoi non raggiungerla mai o conviverci tutti i giorni. Dipende sempre dall’importanza che ognuno di noi riserva alle cose. Anche alle piccole. Io ho sbagliato molte volte la valutazione. Ho creduto di essere felice, di aver raggiunto la felicità quando vinsi ad una lotteria nazionale diversi miliardi, mi sentivo in cima al mondo. Pensavo che con mia moglie e mio figlio avrei potuto raggiungere la felicità in tutta la sua grandezza. L’auto fuori strada distrusse il mio sogno. Uccise mio figlio. Ammazzò mia moglie. Ed io ero veramente ricco. Dannatamente ricco. Ricco, ricco, ricco. Non volevo più avere tutto ciò che avevo desiderato per tutta la vita, avevo molti soldi e potevo non lavorare. Regalai tutta la vincita a vari associazioni benefiche e decisi che non avrei più lavorato. Non aveva senso. Non aveva più importanza. Volevo vivere senza più nessuno aiuto, non volevo responsabilità. Volevo essere un barbone. E lo sono. Orgogliosamente.

Non feci mai parola con nessuno dei discorsi del barbone, neanche a mamma e nemmeno a babbo, pure al mio migliore amico non dissi niente.
Molte volte le cose fatte con buona coscienza portano risultati negativi. Non tutto ciò che crediamo sia bene, in realtà lo è. Molte volte lo facciamo senza tenere di conto a chi o a cosa lo facciamo. Usando detersivi facciamo male al mare, se ci laviamo spesso facciamo male alla nostra pelle, stare troppo fermi fa male al corpo, non credere nella natura fa male al Signore. Con la televisione, il computer, i video giochi, il lavoro frenetico, le persone parlano poco e sono felici di parlare con noi. Che li rivolgiamo la parola. Che li facciamo sentire vivi. Molti si arrabbiano con noi e forse hanno ragione. Ma non bisognerebbe mai fermarci alla superficialità. Bisognerebbe conoscere le persone. Forse sarebbe più facile. Per noi. Per loro. Per tutti.

L’ultima volta che lo vidi aveva una forte tosse e la voce roca.
Io non  conosco quale sia la verità. La giusta via. La strada da percorrere. Ognuno di noi ha il suo tragitto dentro di se, l’importante è non andare contro senso. Contro il proprio senso. Io. Tu. Ognuno. Chiunque ha commesso errori, chiunque li commetterà, ma non puoi farci niente. La vita è crudele. Ti mette sempre davanti ad una o più scelte e tu non puoi fare a meno di scegliere. Devi farlo. Cerca di credere in quello che fai e difficilmente sbaglierai e se commetti un errore, non deluderti ma apprezza il fatto che chi fa  può sbagliare e chi non sbaglia mai è perché non fa le cose. Ognuno crede in qualcosa e mai nessuna cosa al mondo può sostenerti quanto credere in te stesso.

Il giorno dopo non venne, pensai fosse malato. Anche il secondo non venne. Neanche il terzo. E il quarto. E il quinto.
Non lo vidi più.
Seppi della sua morte una settimana dopo.
Lo trovarono sotto un ponte.
Nelle tasche dell’impermeabile sporco aveva due cicche, un fiammifero e undici monete, il guadagno di una giornata.
La broncopolmonite lo aveva sorpreso nella notte.



Michele


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