martedì 30 dicembre 2014
venerdì 5 dicembre 2014
mercoledì 26 novembre 2014
sabato 1 novembre 2014
IL SEGRETO
- Zia Carlotta, chi è questo ragazzo? - chiese Rosetta,
mostrando ammaliata una foto in bianco e nero, adornata da una piccola cornice di
legno marrone, trovata in un cassetto del settimino.
Carlotta girò lentamente la testa in direzione della nipote,
guardò la foto e sospirando cominciò dolcemente a dondolarsi sulla vecchia e
bianca sedia a dondolo, situata nel mezzo del salotto.
- Sai chi mi sembrava? Il giardiniere, quel signore che
ogni tanto viene a curarti il giardino, è lui?
- domandò Rosetta.
Non ottenendo risposta, anche le altre due nipoti Tania e
Carolina, richiesero insistentemente chi era quel ragazzo ritratto in foto,
allora la zia cominciò a raccontare. Carlotta era un'anziana signora con i
capelli ormai bianchi, raccolti dietro la nuca nella pettinatura a cipolla e
tenuti fermi da un fermaglio nero; teneva sulle spalle uno scialle lavorato a
mano da egli stessa e fissava la foto, che si era fatta dare dalla nipote, con
occhiali piccoli e minuti che passavano inosservati nella sua rubiconda faccia,
le mani che la stringevano, ormai segnate dall’avanzare delle tante stagioni
vissute, cominciarono a tremare.
- Lui è stato la persona più importante della mia vita. -
- Ma come zia, è stato la persona più importante - chiese
Carolina, la maggiore delle nipoti -e tu non ce ne hai mai parlato? -
Carlotta aveva un particolare rapporto con le nipoti,
aveva passato molto tempo con loro, le aveva allevate, educate ed aveva sempre
avuto con loro un rapporto confidenziale, lei sapeva tutto di loro, le prime cotte,
i primi amori, le gioie e i dispiaceri, ed anche loro sapevano tutto di lei,
Carlotta non si era mai sposata e riversava sulle nipoti tutto il suo amore.
- Non vi ho mai parlato di lui, perché rappresenta un
dolce e amaro segreto, un qualcosa che è stato sempre in me, che mi ha
accompagnato in tutta la mia vita, ma dal momento che avete fatto la sua
conoscenza, voglio raccontarvi la storia che mi farà ripercorrere momenti più e
meno belli della mia vita. -
Le ragazze si sistemarono a sedere sul tappeto davanti
alla zia, che continuava a dondolarsi piacevolmente.
- Lo conobbi che ero piccola, quattro o cinque anni, lui
ne aveva due più di me quando venne ad abitare nella casa accanto alla mia,
facemmo conoscenza, per caso, qualche giorno dopo il suo arrivo; io ero fuori
con la mia bicicletta e giravo nei sentieri intorno a casa, quando un aquilone
precipitò di fronte a me, tentai di schivarlo e frenai ma inutilmente, nel
tentativo, tra l’altro maldestro, di evitarlo, lo presi in pieno e cascai
sull’asfalto del sentiero, distruggendo pure quell’aquilone impazzito,
cominciai a piangere non appena vidi sulle mie gracili ginocchia del sangue che
si mescolava con lo sporco raccolto dalla terra, accorsero in molti, attratti
dal mio pianto, anche i miei genitori che raccolsero me e la bicicletta e ci
portarono a casa, vidi anche un bambino, che tristemente raccoglieva quello che
rimaneva di un qualcosa che prima si chiamava aquilone, quello che mi colpì in
lui, era il modo in cui lo faceva, dolcemente e delicatamente, come se fosse la
cosa a lui più cara senza togliere lo sguardo sognatore da esso, uno
scapaccione di suo padre lo fece ritornare alla realtà e mentre subiva i
rimproveri del genitore mi guardò con occhi pieni di rabbia, che provocarono in
me un senso di disagio, a tal punto che smisi di piangere, anche se le
ginocchia ferite continuavano a perdere sangue.
I giorni dopo passarono senza che io trovassi il coraggio
di rivolgere parola e scusa, a quel bambino dai capelli riccioli e neri, che
vedevo giocare nel giardino accanto al mio, poi qualche settimana dopo, mentre
ero in veranda a giocare con bambole e ciottoli, lui si fermò con la sua
bicicletta davanti al cancello di casa mia, mi fissava senza dirmi niente ed io
abbassai velocemente lo sguardo, mi chiese se mi dolevamo ancora le ginocchia
ed io guardandole risposi di no con un cenno della testa, mi chiese scusa e mi
invitò ad andare con lui a fare una passeggiata insieme con le biciclette,
ringraziai alzando la testa e guardandolo, ma dissi che mamma non mi permetteva
di andare lontano senza di lei, lui allora scese dalla sua, la appoggiò allo
steccato e venne a sedersi accanto a me, fu così che cominciò la nostra
amicizia. -
- Zia aspetta a continuare il racconto, metto a fuoco il
tè! - disse la piccola sedicenne Tania.
- Da quel momento - proseguì zia Carlotta sorseggiando la
fumante tazza - diventammo inseparabili, non c’era giorno che non lo passavamo
insieme, iniziammo a crescere e crescendo cominciammo a conoscere il mondo e
noi stessi, tutto quello che scoprivamo era la base di vivaci discussioni dove
ognuno di noi esprimeva il suo giudizio sull’accaduto, man mano che crescevamo
scoprivamo, attraverso gli studi, cose a noi nuove ed erano altri motivi per
lunghe chiacchierate in riva al fiume, era un rapporto bellissimo composto da
sentimenti ed affinità mentali, ricordo che facevamo un gioco che a noi piaceva
un sacco; il villaggio della fantasia, così lo chiamavamo, uno diceva un
personaggio storico e l’altro doveva creare con la fantasia un altro
personaggio che fosse amico o nemico di quello chiamato in questione e doveva
farlo con validi argomenti che si attenessero alla vita, ai pregi ed ai difetti
del personaggio famoso, chi non riusciva a rendere l’idea, doveva preparare una
torta all’altro. Ero diventata bravissima a fare torte, perdevo spesso, non ero
molto brava a lavorare di fantasia, mentre lui era incantevole quando
cominciava a creare il personaggio, rimanevo ammaliata, con la bocca aperta,
erano storie, favole, che sembravano uscire dalle pagine di un libro.
Passavamo molto tempo insieme, studiavamo insieme, anche
se lui frequentava due classi avanti a me, è stato un prezioso aiuto, sono
riuscita a studiare e capire cose, ragionando e pensando in due modi diversi,
uno per l’età che avevo io ed uno per l’età che aveva lui e vi posso assicurare
che se anche erano due anni soli di differenza, in realtà quel tempo che ci
differenziava era molto.
Nel frattempo stavamo diventando grandi e cominciammo ad
avere anche altri amici, che non impedivano i nostri solitari incontri in riva
al fiume, ma comunque c’erano, cominciammo a scoprire l’amore ed il sesso, lo
scoprimmo insieme; eravamo fuggiti ad un temporale che ci aveva sorpreso al
fiume e ci rifugiammo in un vecchio cascinale abbandonato, ridevamo e
scherzavamo, ma ben presto i vestiti bagnati ed il freddo che si stava
impadronendo di noi, ci tolsero il sorriso dalle labbra e cominciammo a
tremare, proposi di toglierci i vestiti e di abbracciarci per scaldarci a
vicenda, lo facemmo rimanendo entrambi con gli slip, all’inizio provavamo
vergogna l’uno dell’altro, ma ben presto il bisogno di calore fece scomparire
quella sensazione, ci abbracciammo sorridendo e con il rossore sulle guance e
ci sdraiammo sopra ad una coperta vecchia e polverosa.
Dopo qualche minuto avvertii una sensazione strana, quel
corpo caldo che mi abbracciava, mi stava facendo provare un qualcosa a me
sconosciuto fino a quel momento, i nostri sguardi si incontrarono e facevano
fatica a staccarsi, appoggiai le labbra sopra le sue e cominciammo a baciarci,
era bellissimo, ricordo ancora quelle labbra appena umide ma vogliose di
scoprire. Il freddo stava scomparendo, avevamo cominciato ad accarezzarci
dolcemente e delicatamente, mi fece ricordare la prima volta che lo vidi quando
raccoglieva l’aquilone, ma la sensazione quando lui mi fissò adagiando il suo
corpo nudo sopra il mio, fu diverso dalla volta dell’aquilone e delle ginocchia
ferite, non c’era più la rabbia nei suoi occhi e nei miei non c’era più paura,
in entrambi c’era piacere ed amore.
Scoprimmo l’orgasmo, il piacere finale, come lo
chiamavano i compagni di classe, ma ci sembrò più bello del loro, di come lo
avevano raccontato, non provammo il dolore che loro ci avevano descritto o
perlomeno era rimasto in secondo piano, ininfluente alle sensazioni di piacere
che avevamo provato e continuavamo a provare ognuno nelle braccia dell’altro,
rimanemmo abbracciati ancora a lungo fissando il vecchio soffitto io e
lisciando i miei capelli lunghi lui, solo dopo molto tempo ci accorgemmo che
nel frattempo era smesso di piovere, era calata la sera, dispiaciuti di dover
lasciare quel posto meraviglioso e quella situazione indimenticabile ci
vestimmo e corremmo mano nella mano verso le nostre case, dove all’arrivo
trovammo i nostri genitori fuori ad aspettarci, preoccupati ed impauriti,
avevamo superato l’ora della cena, non era mai successo, ma entrambi eravamo
sazi di piacere che non mangiammo, io studiai qualche pagina di storia per poi
andare a letto a riflettere ed a gustarmi quella nuova sensazione scoperta nel
pomeriggio.
Continuammo ad essere amici, ma non facemmo più l’amore e
nemmeno ci baciammo, non volevamo rovinare quel ricordo, ne parlammo moltissimo
ma entrambi arrivammo alla conclusione che era meglio tenere quel ricordo
bellissimo e non rischiare di rovinarlo, era un dolce e segreto ricordo e
doveva rimanere tale; di certo fu che quel pomeriggio nel cascinale ci fece
maturare e maturò anche il nostro rapporto di amicizia, ora ci conoscevamo
completamente, io ero lui e lui era me, bastava un solo sguardo per capire e
comprendere, ridere e scherzare, spronare o rimproverare. Eravamo sempre
insieme anche se non lo eravamo, lo spirito dell’altro era accanto al proprio,
anche se frequentavamo amicizie diverse non mancavano i nostri solitari
incontri in riva al fiume, dove ci raccontavamo le nostre rispettive storie e
tutto quello che era confidenziale e tabù per gli altri, ci consolavamo ed
incoraggiavamo a vicenda.
Ma una volta in questi nostri incontri rimasi zitta a
lungo, dovevo dirgli una cosa ma non avevo il coraggio, ma era impossibile riuscire
a nascondere una cosa a lui, riusciva sempre a farmi dire tutto e piangendo li
comunicai che la settimana dopo avrei traslocato, con tutta la famiglia per
motivi di lavoro di mio padre, molto lontano e che forse sarebbe stato
difficile rivedersi; il silenzio piombò sul fiume, poi mi abbracciò e le nostre
lacrime si mescolarono e rimanemmo a lungo avvolti nel silenzio.
Il giorno della partenza arrivò velocemente, tutti quei
bagagli nel sentiero di asfalto, dove avevo fatto la sua conoscenza, mi
disturbavano, lo cercai inutilmente con lo sguardo, sapevo che lui non ci
sarebbe stato, me lo aveva detto la sera prima, quando eravamo seduti sul greto
del fiume, a guardare per l’ultima volta insieme, la mezza luna che risaltava
nel cielo notturno, aveva detto che non sarebbe venuto a salutarmi, le partenze
non li piacevano e la mia la odiava proprio. Ma mentre salutavo i suoi
genitori, alzai lo sguardo verso la finestra della sua camera e lo vidi dietro
le piccole tende lavorate a mano, vidi la sua faccia triste ed un raggio di
sole mi mostrò su quel viso il tragitto di una lacrima, li lanciai un bacio e
salii sopra ad un calesse che ci portò fino alla stazione.
Nella nuova città non riuscii subito ad inserirmi, anzi
trovai molte difficoltà, mi mancava lui, la sua amicizia, i nostri incontri al
fiume; le uniche soddisfazioni erano lo studio e l’arrivo del postino che
portava le sue lettere, le leggevo come fossero qualcosa di sacro, sentivo la
sua presenza accanto a me, sentivo il suo odore, mi addormentavo sentendo le
sue braccia che mi stringevano, trascorrevo le settimane aspettando ansiosa la
risposta alla mia lettera e quando giungeva, dimenticavo le paure ed i
dispiaceri della città e mi addentravo per mezzo delle sue parole e delle sue
storie, nel piccolo paese della mia infanzia. Seppi che sarebbe partito per il
servizio militare e che i nostri rapporti letterali si sarebbero affievoliti,
ma io continuai a scrivere tenendo un diario, pensando che se un giorno lo
avessi rivisto glielo avrei regalato. L’anno del militare anche se lentamente
passò e ricominciammo a scriverci regolarmente, ma nel frattempo qualcosa era
cambiato, io ero riuscita ad inserirmi nella nuova città, avevo fatto amicizie,
praticavo un corso di canto ed una cosa che mi sarebbe stato difficile dirli,
mi ero fidanzata con un ragazzo di cinque anni più grande; lui sembrava sempre
uguale, ma non sentivo più nelle sue parole, quel qualcosa che lo rendeva meraviglioso,
sembrava che l’esperienza del militare lo avesse privato di qualcosa, sentivo
che c’era qualcosa di strano, ma non riuscivo a capire cosa era, glielo chiesi
ma inutilmente, rispondeva che era sempre tutto come prima, che non era
cambiato niente.
Una volta mi scrisse che aveva dovuto smettere di
studiare per andare a lavorare, perché il padre aveva avuto un gravissimo
incidente, che lo aveva costretto a stare a letto ed in quelle parole
continuavo a notare che qualcosa non andava, anche lui mi disse che si era
fidanzato con una ragazza del posto e che era felice di averla trovata, ma io
continuavo a sentirlo strano.
Le lettere cominciarono ad essere sempre meno frequenti,
ci stavamo separando lentamente, fin quando io smisi di scriverli, ero stata
presa da tutte le cose che una grande città può offrire, studi sempre più
difficili, partecipavo a molte feste con gli amici, praticavo alcuni corsi e la
cosa andò avanti per alcuni mesi; tutto ad un tratto il ricordo di lui
ridiventò presente ed insostenibile, e lo scoprii mentre stavo per fare l’amore
con il mio fidanzato, non lo avevo più fatto da quella volta nel cascinale e
quando lui, dopo esserci baciati a lungo, si adagiò sopra di me, il ricordo
diventò grandissimo, mi rivestii e scappai da quella casa e cercai il fiume, ma
il fiume, il nostro fiume non c’era; avevo bisogno di vederlo, di parlarci, di
baciarlo, avevo voglia di fare l’amore con lui, avevo capito che lo amavo.
Andai a casa e ne parlai con i miei genitori, loro, anche se non entusiasti,
dissero che potevo andare, il viaggio costava molto, ma loro mi avrebbero dato
volentieri i soldi. Preparai in tutta fretta un piccolo bagaglio ed
accompagnata da loro fino alla stazione partii, durante il viaggio pensai a
quando mamma non mi faceva andare lontana con la bicicletta ed ora mi
permetteva di attraversare tutta la nazione in treno da sola, pensavo anche a
lui, a quando lo avrei rivisto, a cosa li avrei detto, a cosa avremmo fatto
insieme; dopo due giorni e due notti arrivai alla stazione del paese, non mi
sembrava vero rivedere quelle piccole case, odorare quei profumi tipici della
campagna, tipici della mia infanzia. Mi avviai a piedi gustandomi tutti i
particolari del piccolo paese, avvicinandomi alla mia vecchia casa sentivo il
cuore battere velocemente, ma pian piano che intravedevo quei posti ormai
fissati nella mia memoria, una sensazione sgradevole percorse il mio corpo, mi
accorsi che la casa accanto alla mia portava i segni di lutto, pensai subito
alla morte del padre malato e corsi per stare accanto a lui in questo momento
di dolore, ma quando bussai alla porta e sua madre venne ad aprire, capii
tutto; mi buttò le braccia al collo e cominciò a piangere, piansi anch’io e
gridando chiesi come era successo, ma non ottenni risposta. Solo durante la
serata, seduta nel salotto silenzioso, seppi come erano andate le cose, stava
lavorando, stava riparando un vecchio mulino, quando improvvisamente cedette il
soffitto e rimase schiacciato sotto le macerie; prima di andare a dormire sua
madre mi diede il suo diario segreto, mi addormentai tenendolo stretto al
petto, aspettai il giorno dopo, quando seduta sulla sua tomba, lo lessi insieme
a lui, mi amava, mi aveva sempre amato fin da quando si sedette accanto a me
sulla veranda, non aveva mai trovato il coraggio di dirmelo, non era vero che
era fidanzato, lo aveva inventato come le storie che inventava per i
personaggi, aveva smesso di scrivermi per cercare di dimenticarmi, ma non c’era
riuscito, anzi aveva accettato quel lavoro pericoloso perché era ben retribuito
e con i soldi che avrebbe guadagnato, sarebbe venuto a prendermi per riportarmi
al vecchio e piccolo paese, ma non ne aveva avuto il tempo, quel soffitto aveva
impedito l’inizio della nostra storia d’amore e soprattutto aveva spezzato la
vita di quel giovane sognatore. Piansi a lungo sull’ultima pagina scritta del
diario. -
Carlotta pulendo con la manica della camicia il vetro
della foto, smise di dondolarsi con la sedia.
- Scusate - disse qualche
minuto dopo - preferirei rimanere sola. -
- Si zia, hai ragione ce ne
andiamo. - rispose Carolina.
- Mi spiace tanto. - aggiunse
Tania.
Le accompagnò fino in
giardino, le osservò andare via salutandole con un gesto della mano.
L’uomo che stava potando i
rami più lunghi della siepe, si voltò verso di lei e raccogliendo un fiore, si
avvicinò.
- Hai giocato con loro al
villaggio della fantasia?- chiese.
Carlotta annuì con un cenno
della testa.
- Quando racconterai loro la
verità? - domandò l’uomo.
- Chissà, un giorno o l’altro
lo farò.- replicò Carlotta guardandolo negli occhi.
L’uomo le donò il fiore e poi
in modo dolce e delicato le diede un bacio sulla fronte.
Balocco
"Paolo, sveglia, sono le tre del pomeriggio, è già una
settimana che ti alzi tardi e non mangi niente, ti ho fatto i ravioli, dai
svegliati e vieni a mangiare."
-Tutte le volte così- mormorò Paolo accorgendosi delle labbra
impastate e della assenza di saliva nel palato.
Almeno tu sei stato un grande, Che Guevara, mentre io sono qui a
rigirarmi tra queste lenzuola bianche e sudate, ci sarà qualcuno a giro per il
mondo a fare qualcosa di importante come hai fatto tu, rivoluzioni, lotte di
ideali, conquiste importanti. Certo che io non finirò mai attaccato al muro in
una qualsiasi camerina, accanto ad una sciarpa di quella squadra inglese,
............. come diavolo si chiama? Ah si, Everton, lo ricordo perché anche i
Pink Floyd facevano il tifo per loro o mi sbaglio?
Ma come mai mio fratello avrà questa sciarpa attaccata in camera
sopra il suo letto ed accanto alla foto del Che Gue? Che il Che Gue sia stato
tifoso dell'Everton?
Ho sete, devo bere, uffa, devo alzarmi, però se mi alzo devo
andare in cucina e mi vede mia madre, ma che noia potrà darmi quella povera
donna; vado, però lei quando ci si mette è veramente una rompiscatole, a Giulio
non rende una vita facile: hai finito di fare i compiti? Ti sei pulito dietro
gli orecchi? Non tornare tardi, ricordati che alle otto si cena e che diamine,
fallo respirare, fallo vivere. Però, quanti dispiaceri le ho dato io, sarà
rimasta scottata, eh si! Scusa Giulio, forse è stata colpa mia, Ok! Dai Paolo,
forza, alzati e vai a bere, e come la incontri la baci su una guancia, già un
bacio, la farei felice, è da quando ero piccolo che non lo faccio più ed anche
a me piacerebbe.
Dove saranno finite le ciabatte, non le trovo, metto quelle di
Giulio, mamma mia come si deve essere fatto grande Giulio, mi stanno lunghe le
sue ciabatte, io ho i piedi più piccoli dei suoi? Non ci posso credere, che
classe fa? Le medie o le superiori, non so!
Ok, vado, una guardatina allo specchio e vado, mamma mia come sono
brutto, guarda che borse ho sotto gli occhi, mi sgama la mamma, appena mi vede
dice qualcosa del tipo hai bevuto anche ieri sera? Hai fumato gli spinelli con
quei tuoi amici? Ed io, no mamma, perché? Ma cosa dici! Ed allora quei gonfiori
sotto gli occhi cosa sono? Non mi dire che sei stanco; non lavori, non fai nulla,
dormi tutto il giorno, dimmi come diavolo fai ad avere gli occhi in quella
maniera?
Ed io cosa le rispondo? Niente, non vado di là, accendo la
televisione ed aspetto che lei vada a fare la spesa. Che saporaccio che ha
questa sigaretta, ma che sigaretta è? Strano, è il solito tipo che fumo ormai
da anni, sarà per via della bocca impastata, devo bere od impazzisco, devo
trovare una soluzione per andare in cucina, questa camera sta opprimendo il mio
respiro, devo uscire, ok mi vesto, vado in cucina, bevo ed esco di casa! Certo,
è la soluzione migliore, ma se incontro la mamma? Speriamo di trovarla dopo che
ho bevuto, un bacio e via fuori all'aria aperta, e se la trovo prima? Già,
problema, se la trovo prima di andare in cucina .......... bacio e poi giù in cortile
a bere alla fontana, eh lo so che l'acqua non è potabile, fa schifo, ma intanto
mi bagno le labbra, il palato e già che ci sono, mi do una bella rinfrescata al
viso; che schifo che faccio, non ho più nemmeno il coraggio di stare a parlare
con la mamma, e con il babbo, non lo vedo quasi mai, lui sempre a lavoro ed io
in giro a bighellonare, anche con Giulio non parlo quasi più, non sapevo
nemmeno che aveva i piedi più lunghi dei miei, chissà se ha risentito del mio
allontanamento da lui, guarda, tiene anche la foto di noi due abbracciati,
sopra il letto con la sciarpa a mò di corona, dove eravamo? Ah si, è quando lo
portai a vedere la semifinale Italia-Argentina, era ancora piccolo lui, quanto
litigò la mamma: è sempre piccolo per andare allo stadio, stai attento, ma
perché porti anche lui, tienilo per mano. Era contento Giulio, la sua prima
partita, qui nella foto era sicuramente prima, ridevamo, eravamo euforici, poi
quei maledetti rigori, Serena, tiro, fuori e noi a disputare la partita per il
terzo posto, dovevamo vincerlo quel mondiale! Giulio, quanto mi mancano le tue
risate, le tue prese in giro, anche se mi arrabbiavo, devo uscire o la
commozione mi gioca un brutto scherzo, ho sete, caldo, mi manca il respiro ed
ho una gran voglia di piangere.
Grande fortuna, mamma deve essere con le sue amiche in sala, sento
le loro voci, perfetto, ora bevo, mi rinfresco il viso, le dico che esco ed è
fatta! Ed il bacio? Già , peccato non le do un bacio, sicuramente non vado in
sala con quelle pettegole delle sue amiche, la bacierò domani o stasera quando
rientro. Buona l'acqua, quando hai sete è la migliore bevanda, ti rinfresca
tutto il corpo, è utile l'acqua per mille cose, ti pulisce, ti disseta, ti
risveglia i sensi dentro.
Ora apro la porta della sala, saluto ed esco, ma se mi chiama
dentro? Vado via, ma sarei sgarbato e darei un altro dispiacere a mamma, ma se
entro, mi sgama e mi fa la paternale, cosa sarà meglio che faccia? Trovato! Mi
avvio verso il portone e quando passo davanti alla sala saluto e fuggo via,
devo fuggire da mia madre, dalla donna che mi ha concepito, allevato, nutrito,
protetto, coccolato, fuggo dalla donna che più mi ha amato, faccio veramente
schifo.
"Ciao mamma, torno stasera a cena."
"Ciao, stai attento e ricordati che si cena alle otto."
Sono proprio schifoso, un essere abietto, quando ha detto otto
avevo già chiuso il portone, avevo paura che venisse nell'ingresso. Sto
scivolando sempre di più verso il baratro, devo riuscire a farla finita con
questa vita squallida, piena di sotterfugi e patimenti, fatta di poche
sensazioni piacevoli racchiuse in un enorme realtà di merda.
Ecco SoraGina che guarda dal buco della porta, che donna
impicciona e curiosa, il gazzettino del condominio, se non sai gli ultimi
avvenimenti del caseggiato, invita SoraGina a prendere un thè, sarai informato!
Sembra una pubblicità: Vuoi sapere cosa ha fatto una vicina? Chiedi a SoraGina!
Chissà cosa avrà pensato vedendomi passare ridendo, che sono
felice e contento? Che ho trovato finalmente un lavoro? Macché, povera inutile
ficcanaso, stavo ridendo di te! Ah, il cortile, l'aria.
"Ciao Beppe, sempre alle prese con i motori?"
"Ciao Balocco, ormai la mia vita è con le mani sporche di
grasso, la tua moto che fine ha fatto?"
"L'ho venduta, ciao."
"Ciao."
Lo so cosa pensi, non me lo dici, ma lo pensi, sono stato uno
sciagurato ad averla venduta, era bella, vero vecchio Beppe, quante volte ci ha
messo le mani, quella piccola e vecchia figura, è un mito, Beppe dei motori se
ne intende parecchio, li smonta e li rimonta come niente fosse, chissà di chi è
quel motorino, sarà di Luca o di Morfeo, ma cosa diavolo sto dicendo, Luca sono
tre anni che è andato via e Morfeo, boh, chissà che fine ha fatto, sarà di
qualche ragazzino dei paraggi.
Sto male, sto soffrendo, devo decidermi a farla finita con questa
storia. con questa vita, con queste angosce, quante volte me lo hanno detto, ma
io non ho mai voluto crederci, stai tranquillo rispondevo io, la gestisco, la
controllo, maledetta eroina, come il canto delle sirene sei stata, dal paradiso
artificiale all'inferno quotidiano, ricordo quei ragazzi con cui uscivo prima,
che fumavano gli spinelli ed io che li scocciavo con discorsi rivelatosi poi
privi di fondamento, amici, prima o poi gli spinelli vi porteranno alla droga,
a quella vera, a quella che fa male ed invece loro continuano dopo anni a
fumarsi gli spinelli ed io mi faccio le pere, ho cominciato subito alla grande,
ho saltato spinelli, pasticche ed acidi e mi sono buttato sulle piste della
coca e subito dopo è iniziato il calvario, siringhe, cucchiaini, bustine,
filtrini, sempre peggio, sempre più in fondo. in un mondo alternativo al
normale, ma più merdoso e solitario, dove rimani solo con la tua droga, con la
tua astinenza, con la diffidenza negli altri.
Eh già che vitaccia, ma ora basta con tutto ciò, con queste
conoscenze, basta stasera lo dico alla mamma che voglio uscire da questo tunnel
dell'orrore, le spezzerò il cuore, lei è all'oscuro di tutto, ma sarà felice
che voglio uscirne, sarà contenta, saputo che sono un drogato, che ho deciso
con il suo aiuto di smettere. Chissà cosa penseranno di me, il condominio e
specialmente SoraGina, le sento già le sue parole: io lo immaginavo, sempre
così assonnato, con quello sguardo triste e sempre a vagabondare. Già dirà
così, ma chi se ne frega, io voglio uscirne a testa alta, voglio riavere la
forza di guardare nuovamente la gente negli occhi senza la paura che notino che
sono un tossico. Cercherò di far smettere anche Lillo, è tanto tempo che siamo
amici, siamo cresciuti assieme, abbiamo cominciato a bucarci insieme, chi fu il
primo? Penso di essere stato io a convincerlo a farlo, di essere stato io a
farli il primo buco, grande piccolo Lillo, quante ne abbiamo combinate da
quando ci conosciamo, anche il soprannome Lillo li ho dato, non ricordo neanche
più il perché, ora vado a trovarlo e li comunico la mia decisione.
"Ciao Lillo, figlio del vento e dell'oscurità, come te la
passi vecchio? Tutto ok, bene, molto bene, bello questo tatuaggio, è nuovo? Sei
andato dal Cispia a fartelo, buffo il tipo, ti ricordi quando ci facemmo il
primo? Tutti e due impauriti ed ansiosi, prima di entrare e dopo averlo fatto
eravamo felici di mostrarlo, la rosa tatuata ci faceva sentire importanti, i
migliori, gli unici. Venendo da te, Lillo ho pensato e riflettuto su di una
cosa che dobbiamo fare, Lillo, bisogna smettere, basta con questa merda di
droga."
"Hai ragione Balocco, ma è difficile farlo"
"No, Lillo, non dire così, se lo vogliamo, lo possiamo
fare"
"Balocco, lo sai che ho sempre fatto tutto con te, ma questa
volta non so se ce la farei, soltanto insieme ce la faremo, da soli no!"
"Lillo, amico mio, certamente staremo insieme, andremo in
comunità assieme, ci faremo coraggio e forza reciprocamente, ricordati vecchio se lo vogliamo possiamo."
"Hai ragione, se lo vogliamo possiamo."
"Da domani buon vecchio
Lillo saremo un'altra coppia, saremo diversi, domani ricomincerà una nuova
vita. Carina la tua casa, l'hai arredata molto bene, posso mettere un disco?
Cavolo, quanti dischi hai, questo di musica classica è perfetto, una nuova vita
ha bisogno di una nuova colonna sonora, basta con il rock, la musica drogata,
musica che ricorda gli sballi, i viaggi, rilassiamoci con altra musica,
purifichiamoci, eh Lillo? Come mai sorridi? Sei contento, ho piacere che anche
tu sia d'accordo, diventeremo dei grandi nella vita, eh Lillo? Io e te soci in
qualcosa, un'attività carina, ci sposeremo, avremo dei figli ed una vecchiaia
tranquilla, bella questa musica, non avevo mai ascoltato Chopin, incredibile
vero? Sapevo che esisteva, che è stato uno dei migliori, ma non avevo mai
ascoltato niente di suo."
"Dai Balocco, festeggiamo."
"Ok Lillo, festeggiamo alla nuova vita, al tutto nuovo, al
come era prima, cazzo Lillo, cosa sono quelle due siringhe?"
"Balocco, dai, non fare il cretino, l'ultima bustina,
l'ultimo nostro brindisi, l'ultima pera."
"Lillo Lillo, hai ragione, l'ultimo buco, quello da ricordare
insieme per il resto della nostra vita, dai forza, auguri amico mio, nel bene e
nel male, a noi due."
"A noi due, Balocco."
"E' una merda questa roba, ti ammazza, ti distrugge, ti
rovina, ma è schifosamente piacevole, ti distrugge fisicamente, ma quando è in
corpo, ti sembra di essere un superuomo, di poter fare qualsiasi cosa, vero
Lillo..................Lillo cazzo, cazzo Lillo cos'hai? Merda, respira
respira, Lillo dai, cazzo, sforzati, vomita, buttala fuori, respira, Dio, Dio
non puoi farci questo, avevamo deciso di smettere, cazzo, cazzo, Lillo non mi
lasciare, Lillo ci hanno fregato, era tagliata con chissà che merda, cazzo sto
male, cazzo, mamma perdonami, mamma aiutami, saluta babbo e Giulio, oh mamma
stiamo morendo, mamma salvaci, cazzo, ma non sente nessuno in questo palazzo,
aiuto cazzo aiuto, stiamo morendo, Lillo perché non rispondi
Lillo..........mamma il bacio, mam................ma."
domenica 26 ottobre 2014
I LUOGHI DEL MONDO
La prima mattina nel nuovo paese
saluto una vicina e mi fa - Vado
al cimitero -. Ricordo che è domenica
e l'antica usanza. Ma il mio tempo
è poco per darlo ai morti, lo sguardo
corre ai luoghi del mondo.
IN UN GIARDINO DIPINTO
In un giardino dipinto sono entrato
dove si dice che il sole stesso, stregato
da tanta bellezza, sia rimasto intrappolato
e da allora vaghi amoroso da un acanto
a un papavero, sfiorando con dita cangianti
le piume d'un pettirosso, l'ala d'un fringuello
inchinandosi alla quercia, odorando un melograno
con l'alloro ridendo, col mirto sedendo.
In un giardino dipinto, in un giardino
dipinto sono entrato.
SEPPUR STANCO
Seppur stanco, non posso fermarmi.
Che luogo è questo di angusto respiro?
Non sognavo la vista d'infiniti
orizzonti?
Daniele
(Piombino-Roma)
La prima mattina nel nuovo paese
saluto una vicina e mi fa - Vado
al cimitero -. Ricordo che è domenica
e l'antica usanza. Ma il mio tempo
è poco per darlo ai morti, lo sguardo
corre ai luoghi del mondo.
IN UN GIARDINO DIPINTO
In un giardino dipinto sono entrato
dove si dice che il sole stesso, stregato
da tanta bellezza, sia rimasto intrappolato
e da allora vaghi amoroso da un acanto
a un papavero, sfiorando con dita cangianti
le piume d'un pettirosso, l'ala d'un fringuello
inchinandosi alla quercia, odorando un melograno
con l'alloro ridendo, col mirto sedendo.
In un giardino dipinto, in un giardino
dipinto sono entrato.
SEPPUR STANCO
Seppur stanco, non posso fermarmi.
Che luogo è questo di angusto respiro?
Non sognavo la vista d'infiniti
orizzonti?
Daniele
(Piombino-Roma)
martedì 7 ottobre 2014
martedì 30 settembre 2014
lunedì 22 settembre 2014
METEO
Non una nuvola per il vasto cielo,
sono tutte nella mia piccola testa.
IN TEMPI DI
Benvenga la tua parola tenebrosa
in tempi di luce. Ma ecco, i tempi
sono cambiati per davvero: tutt'intorno
è timore e angoscia. Benvenga
una parola umana.
MIO CREDO
Mio credo politico è il filo
che cuce insieme le bandiere.
Mio credo religioso un mare
in cui si fondono i sacri fiumi.
Mio credo umano sei tu
che ami e m'insegni
un nuovo passo di danza.
Daniele
Non una nuvola per il vasto cielo,
sono tutte nella mia piccola testa.
IN TEMPI DI
Benvenga la tua parola tenebrosa
in tempi di luce. Ma ecco, i tempi
sono cambiati per davvero: tutt'intorno
è timore e angoscia. Benvenga
una parola umana.
MIO CREDO
Mio credo politico è il filo
che cuce insieme le bandiere.
Mio credo religioso un mare
in cui si fondono i sacri fiumi.
Mio credo umano sei tu
che ami e m'insegni
un nuovo passo di danza.
Daniele
sabato 9 agosto 2014
PORTE APERTE
Con me è porte aperte tutto l'anno.
Vuole una sigaretta? Prego. Serve
una parola d'aiuto? Pronti.
Un bicchiere d'acqua? Quanto zucchero,
un po' di latte?
Solo una volta al giorno, scusate,
chiudo tutto, anche gli occhi.
Mi eclisso.
L'ora del raccoglimento.
Tornate domani.
ERANO TRONCHI O…
Erano tronchi o corpi di donna,
era una selva di snelle betulle,
ho vissuto nel desiderio
di un'ora di vento.
SONNO O SOGNO
Bianco scolora il pensiero,
bianco propagandosi senza
giunture né increspature per
l'intera superficie.
All'unisono toccati i confini,
se non sarà sonno sarà sogno.
Daniele
Con me è porte aperte tutto l'anno.
Vuole una sigaretta? Prego. Serve
una parola d'aiuto? Pronti.
Un bicchiere d'acqua? Quanto zucchero,
un po' di latte?
Solo una volta al giorno, scusate,
chiudo tutto, anche gli occhi.
Mi eclisso.
L'ora del raccoglimento.
Tornate domani.
ERANO TRONCHI O…
Erano tronchi o corpi di donna,
era una selva di snelle betulle,
ho vissuto nel desiderio
di un'ora di vento.
SONNO O SOGNO
Bianco scolora il pensiero,
bianco propagandosi senza
giunture né increspature per
l'intera superficie.
All'unisono toccati i confini,
se non sarà sonno sarà sogno.
Daniele
venerdì 8 agosto 2014
QUESTO È L'ANNO
Questo è l'anno dalle due facce
quella di giovane e quella di vecchio,
questo è l'anno dalle due falci
quella di ferro e quella di polvere,
questo è l'anno dei due mari
quello azzurro e quello di sangue,
questo è l'anno dei due eserciti
quello dei nomi e quello delle ombre.
IL SOLE
Perché il sole è troppo caldo e quando
scompare fa troppo freddo. Perché nell'istante
che era perfetto, dormivi. Perché quando
tendevi le braccia, lui era girato.
Perché non ti fidavi di domani.
Per questo non sai che lui
ti ha a lungo cercato.
SE
Se ero vento, non facevo tremare le foglie
se ero pioggia, non inondavo la pianura
se ero voce, non sollevavo risposta
se ero inchiostro, non sporcavo la pagina
se ero sogno, non svegliavo chi riposa.
Daniele
Questo è l'anno dalle due facce
quella di giovane e quella di vecchio,
questo è l'anno dalle due falci
quella di ferro e quella di polvere,
questo è l'anno dei due mari
quello azzurro e quello di sangue,
questo è l'anno dei due eserciti
quello dei nomi e quello delle ombre.
IL SOLE
Perché il sole è troppo caldo e quando
scompare fa troppo freddo. Perché nell'istante
che era perfetto, dormivi. Perché quando
tendevi le braccia, lui era girato.
Perché non ti fidavi di domani.
Per questo non sai che lui
ti ha a lungo cercato.
SE
Se ero vento, non facevo tremare le foglie
se ero pioggia, non inondavo la pianura
se ero voce, non sollevavo risposta
se ero inchiostro, non sporcavo la pagina
se ero sogno, non svegliavo chi riposa.
Daniele
giovedì 13 marzo 2014
giovedì 6 marzo 2014
martedì 11 febbraio 2014
domenica 2 febbraio 2014
RESPIRA
Allarga i lacci delle scarpe,
apri il bottone della camicia,
respira. Di’ al tuo superiore
che oggi hai un brutto raffreddore.
Lega il tempo alle tue dita e fallo
danzare oggi a tuo piacimento.
Sei una foglia che vaga nel vento,
ma non ne sentivi più l’odore,
neanche più facevi l’amore.
neanche più facevi l’amore.
Daniele
mercoledì 22 gennaio 2014
EMERSIONE
Alzi lo sguardo dalla punta delle tue scarpe,
guardi dal circonfuso e caliginoso vuoto
emergere parvenze, ombre.
Non è ancora la realtà. Lei aspetta
una tua parola, un tuo gesto.
LE STRADE SECONDARIE
Ho care le strade secondarie, non di rado
i binari morti. Come un'acqua che scivola,
batte e si capovolge, avvolgo e mi riavvolgo
nei miei pensieri, indisturbato.
Lontano dai tuoi occhi, lontano dall'incontro
e dall'incresparsi delle voci. Erba selvatica
indolente, vuoto albergo, benvenuto arrivederci.
Solo tu, sole, manchi e ti fai aspettare.
Ma so che da qualche parte ci sei.
Daniele
Alzi lo sguardo dalla punta delle tue scarpe,
guardi dal circonfuso e caliginoso vuoto
emergere parvenze, ombre.
Non è ancora la realtà. Lei aspetta
una tua parola, un tuo gesto.
LE STRADE SECONDARIE
Ho care le strade secondarie, non di rado
i binari morti. Come un'acqua che scivola,
batte e si capovolge, avvolgo e mi riavvolgo
nei miei pensieri, indisturbato.
Lontano dai tuoi occhi, lontano dall'incontro
e dall'incresparsi delle voci. Erba selvatica
indolente, vuoto albergo, benvenuto arrivederci.
Solo tu, sole, manchi e ti fai aspettare.
Ma so che da qualche parte ci sei.
Daniele
martedì 21 gennaio 2014
LA MALEDIZIONE
Sotto l’ombrello
nero mi riparo
dai fulmini
scagliati dagli dèi impazziti,
sotto le fronde
dell’albero mi riparo
dalla vampa che
brucia le ali,
da quando il mio
corpo cade
e a nulla vale
ribellarsi e gridare
perché già
iscritta nell’inizio di una donna
che spinge e
piange era la fine,
di una madre che
cade e mi spinge
nel vuoto.
Daniele
nel vuoto.
Daniele
Iscriviti a:
Commenti (Atom)


.jpg)
.jpg)
.jpg)