venerdì 30 novembre 2012

Plenilunio




L'UNICUM

Non vuole avversari.
È l'unicum.
È colui che dice: io.
È colui che parla, fa, sa.
Sta davanti.
Il suo passo fa scricchiolare le ossa.
Gradisce gli omaggi,
pretende affetto.
Comanda.
È odiato.
È l'unicum.
Viene dal basso,
ama se stesso.
Lecca i piedi.
Fa la carità.
Prega.
Canta.

È solo.
Unicum.



PRIMA NOSTALGIA

Vi guardo, gioventù, e provo nostalgia
dinanzi ai vostri branchi dati all'ozio
dinanzi ai vostri corpi nuovi
tesi d'assoluto.



VERSO IL SONNO

Dall'alcol rallentato,
procedo verso il sonno
ed è gioia inabissarsi
oltre la soglia della luce.


Daniele



martedì 27 novembre 2012

IL CENTRO

Seimilacinquecento chilometri sotto
la crosta terrestre trovasi - si dice -
il centro del mondo. E io che credevo
stesse qualche centimetro appena
sotto la cute del cranio!

Daniele

domenica 25 novembre 2012

DOMENICA

Il papà insegna al figlio
come si tirano i sassi
che rimbalzino in acqua,
accanto un cane fissa
qualcosa svolazzante
tra le sue bianche ciglia.

Un bimbo piange di là
vietato il desiderio
di correr dietro ai pesci
nell'acqua del secchiello
dei pescatori.
Panchina soleggiata,
una coppia si ama.



CASE E COSE

Case tradizionali, cose sapute
case moderne, cose capite
case spaziali, cose sognate.


Daniele

giovedì 22 novembre 2012

ASSUEFATTI

Così assuefatti
a sapere che i corpi cadono
che non crediamo più
alla piuma o all'anima.

Daniele

lunedì 19 novembre 2012

SIBILLA

Venivo io a casa tua
- quando tornavo -
non tu a casa mia,
chiudevi porte e scuri
e mi mettevi al corrente
dell'andamento del mondo
sondato col telescopio
della tua solitudine.
Io l'onda, tu il faro
che conta onda dopo onda
e fruga i fondali coperti di melma
e squame morte. Com'è che al vento
tutto si disfa? - parevi dire infine
nel tuo alfabeto di sibilla
e allora capivo che tu stessa
cercavi forse l'ultimo segno.
Dalla risacca ti facevo un cenno
che era promessa di ritorno.


CINEMA

Ciak si gira
ciak s'è girato
ciak ciak due colpetti sulla spalla
arrivederci, sono andato.

Daniele

sabato 17 novembre 2012

lippolappi....ultima parte.....(ho pensato che 5 erano troppe!)



La notte trovò Victorino seduto insieme alla tribù dei LippoLappi, mentre con il battito delle mani ritmava quella musica che era ballata, intorno ad un fuoco, da una decina di piccole persone. Mentre mangiavano bacche e frutti selvaggi e bevevano acqua ed una bevanda ricavata dalla lavorazione di alcune erbe, Victorino spiegò a Chupa come era riuscito a superare la strada dimenticata dal sole, così era chiamato quell’arcano labirinto vegetale.
La mattina, dopo una tonificante ed esauriente dormita, Victorino venne accompagnato in una indimenticabile passeggiata da Chupa ed altri tre LippoLappi. Durante la loro camminata incontrarono animali e piante che Victorino non aveva mai visto e neanche sentito parlare; rimase molto affascinato e mentre osservava, pensava alla faccia degli abitanti di Tarabaral quando gli avrebbe riferito delle sue scoperte.
Incontrarono la buzzotta che riposava sotto un grande baobab, con il pelo marrone che ricopriva interamente il suo corpo tranne che le zampe e la pancia. La buzzotta, in conseguenza alle grandi abbuffate di frutta, erbe, piccoli animaletti e tutti i tipi di insetti, era grossissima, la pelle era talmente tirata che sembrava dover scoppiare da un momento all’altro; i suoi lunghissimi arti superiori, sproporzionati al resto del corpo, li servono per procurarsi il cibo, infatti spiegava Chupa che quell’animale viveva per circa un mese sempre sdraiato sulla schiena e mangiava quello che riusciva a prendere con quelle sue lunghissime zampe, poi improvvisamente spariva, forse per accoppiarsi, e quindi ritornava a vivere per lo stesso periodo in un posto qualsiasi; e questa era la vita della buzzotta fino alla morte.
Continuando a camminare arrivarono sulle sponde di un lago, dove Victorino venne attratto da una folta distesa bianca di piume in mezzo ad esso. Chupa spiegò che quegli erano gli acquerotti con il lungo becco a punta, con il quale infilzano la preda, che può essere pesce o rana, ed avevano delle caratteristiche singolari : non uscivano mai dall’acqua tranne che per fare i propri bisogni, il colore delle loro piume cambiava dal bianco all’avorio quando scendevano le prime ombre della sera e contemporaneamente emettevano un grido stridulo, e quello era l’unico momento in cui si poteva udire la propria voce.
Un puzzo insistente perforò le narici di Victorino, si guardò intorno, ma non vide nulla di strano, solo un animale simile alla papera, ma con un busto molto pronunciato, con grosse zampe e becco color arancione ed un corpo dalle piume avorio e soffice. Victorino chiese a Chupa cosa era quell’odore strano, il quale gli indicò quello strano animale chiamato squaquerotta, molto ricercata dalla tribù per costruire con le sue soffici piume accoglienti giacigli e per queste proprietà era un animale solitario, lei fuggiva dagli uomini per non essere catturata, e gli altri animali fuggivano da lei per colpa di quel puzzo che emanava, che altro non era che la sua caratteristica di fare i propri bisogni mentre camminava, ma non lo faceva solo quando aveva la necessità, ma come camminava lasciava un inconfondibile e puzzolente traccia.
Victorino continuava ad essere affascinato da quel mondo sconosciuto e fantastico, sorrideva al pensiero di come gli abitanti lo avrebbero osannato e riverito dopo il suo racconto di quello che stava vivendo ed osservando.
Venne risvegliato dai propri pensieri da una dolce musica proveniente da dietro un cespuglio di fiori, pensò che ci fossero dei LippoLappi ed andò a vedere, ma come si trovò al di là dei fiori, la musica la sentiva alle proprie spalle, tornò da dove era venuto e trovò Chupa ed i LippoLappi che sorridevano; chiese il perché e loro gli indicarono i fiori, Victorino si voltò a guardarli, e pian piano osservandoli notò che quell’insieme di fiori gialli, rossi e blu, stavano danzando in armonia alla musica che loro stessi producevano, Victorino quasi incredulo rimase alcuni minuti ad osservarli ed ascoltarli, Chupa si avvicinò a lui, e sommessamente, per non disturbare l’evento, gli disse all’orecchio che si trattava dei fior di Tersicore, in onore alla musa della danza.
Ancora incredulo per quello che aveva visto, Victorino accompagnato da Chupa e dai LippoLappi, si incamminò verso l’accampamento, era giunta l’ora del pranzo, camminando ed osservando tutte quelle meraviglie della natura a lui ignote si era totalmente dimenticato del tempo, ma il suo stomaco lo fece riprendere da quell’estasi, stava ferocemente brontolando e doveva mangiare qualcosa per placarlo.
Mentre si avvicinavano al villaggio Victorino era immerso nei suoi pensieri, mentre i LippoLappiani raccoglievano alcune erbe che avrebbero fatto parte del pranzo seguente, improvvisamente un rumore continuo attirò la sua attenzione, Chupa fece cenno a Victorino di fermarsi, poco lontano da loro stava passando un cagnaro, così lo chiamò il capo villaggio, animale molto simile al lupo; muso lungo ed affusolato, schiena arcuata verso il basso, manto striato e peloso con strisce di pelo nero alternate a strisce di pelle con assenza del pelo stesso. Il rumore provocato in continuo dal cagnaro, è dovuto ad una malformazione congenita della mandibola inferiore, che l’impedisce di chiudere completamente la bocca per evitare che i denti canini superiori penetrino nel labbro inferiore, perciò la loro bocca rimane sempre aperta emettendo questo strano verso, detto cagnio, ma tutto ciò non impedisce lo svolgimento regolare della propria esistenza, infatti pur continuando a cagniare, riescono lo stesso a dormire e mangiare normalmente.
Chupa notò che il cagnaro era in assetto di caccia, e quindi dopo aver osservato intorno a lui fece notare a Victorino la presenza di un animale a lui ignoto, questo era talmente piccolo e strano che non si riusciva a capire dove avesse la testa e dove la coda. Seppe da Chupa che era il cibo prelibato del cagnaro e che la vita di quel piccolo animale dal pelo soffice e nero chiamato pellicciaro era molto breve, ma avendo una vita sessuale intensissima, circa tre/quarti della loro giornata, riuscivano a sopperire al fatto di essere un prelibato cibo, con una riproduzione continua. Victorino ebbe appena il tempo di analizzare la situazione, che la teoria divenne pratica, il cagnaro assalì velocemente il pellicciaro e saziò momentaneamente la sua fame.
Arrivarono poco dopo al villaggio, la tribù dei LippoLappi era in attesa di loro, tutti seduti in cerchio in tanti piccoli gruppi, l’aria era freschissima e pulita, il sole altissimo, l’atmosfera era gioiosa. Il pranzo fu ottimo e Victorino pur non avendo mangiato soltanto erbe, quell’accozzaglia di bacche mai viste e frutti selvaggi mai assaggiati, provocò in lui una sensazione di piacere mai provata nella sua giovane vita. Si gustò quel momento in maniera molto avida, continuando a pensare alla faccia che avrebbero fatto i suoi amici al racconto di quei due giorni indimenticabili.
Chupa dopo aver mangiato, accese una lunghissima pipa e dopo aver fatto alcune boccate gliela offrì, Victorino accettò volentieri e chiese al capo villaggio cosa era che li rendeva così felici.
Chupa lo guardò negli occhi e disse che la loro felicità era dovuta al fatto che i forestieri non conoscevano il loro mondo e per fortuna non erano riusciti, tranne lui, a trovare la strada per arrivare a conoscere quel mondo fantastico. L’arrivo del mondo estraneo avrebbe significato la fine del loro villaggio e la conclusione di quel paradiso terrestre. Victorino a quelle parole si guardò intorno, osservando quei piccoli uomini e quelle donne minute, notò alcuni bambini giocare divertiti con dei piccoli animali, chiamati pillotteri, simili allo scoiattolo con il muso che ricorda vagamente il topo ed il corpo ricoperto da pelo rosso tranne la testa ed una striscia sul davanti che sono bianche e rimase impressionato dal fatto che, quegli stessi animaletti, con le loro piccole zampe giocavano, toccavano, ritoccavano, rigiravano e giravano tutto ciò che trovavano.
Chiunque di loro guardasse, vedeva la felicità e la serenità stampata sul viso, anche l’atmosfera che lo circondava era carica di queste emozioni, vide la semplicità della vita, notò l’amore per le piccole cose, imparò l’importanza della natura e capì che tutto quello era il potere magico dei LippoLappi.
Decise di partire e salutò uno ad uno tutti gli abitanti del villaggio, salutò per ultimo Chupa con il quale aveva vissuto ore indimenticabili, l’abbraccio risultò molto intenso e quando voltò le spalle a quel mondo, a Victorino uscì una lacrima, si asciugò con la manica della camicia e cominciò a percorrere la strada dimenticata dal sole, impiegò alcune ore a ritrovare la via del suo villaggio, e mentre la penombra stava facendo il suo ingresso nella giornata, udì in lontananza il grido dell’acquerotto. Voleva arrivare il prima possibile, per raccontare tutto quello che aveva vissuto, cominciò a correre, ma non riusciva più a trovare l’uscita; ci riuscì solo a notte fonda, quando cominciava a temere di non poter più uscire da quel labirinto vegetale. Andò direttamente a letto rimandando il racconto alla mattina seguente, decise che sarebbe andato a fare colazione all’osteria “El Cocorito” ed allora avrebbe ottenuto, raccontando la sua esperienza, il rispetto degli altri.
E così accadde, la mattina dopo essersi svegliato e lavato, si vestì e con passo fiero si avviò verso il ritrovo degli abitanti di Tarabaral, che non appena lo videro cominciarono a prenderlo in giro asserendo che si era perso per due giorni nel labirinto, le risate e le derisioni si moltiplicarono nel giro di pochi minuti. Victorino avvicinandosi a loro pensò a quello che sarebbe successo ai LippoLappi se quelle persone avessero saputo la verità, pensò a quei volti sorridenti in quella fantastica atmosfera, pensò a quegli sconosciuti animali ed a quella meravigliosa vegetazione, pensò all’intenso abbraccio con Chupa e quando l’oste del “El Cocorito” gli chiese dove era stato gli ultimi due giorni, Victorino si accese un sigaro Harriba e rispose che si era perso nella foresta. Le risate assalirono prepotentemente l’atmosfera mentre Victorino, additato e deriso alle spalle, ritornava lentamente verso la staccionata che doveva essere finita di colorare.
Un sorriso nacque sulla sua faccia felice e spensierata.

Michele

domenica 11 novembre 2012

CHI SEI TU...

Chi sei tu, forse una ninfa
a immergere nell'onda piana la mano
a estrarne una spirale di conchiglia.


LUI

Lui m'incuriosisce:
non perdo occasione
per scoprire cosa pensano
di Lui.


L'ORIZZONTE

L'orizzonte? Eccolo laggiù, a unire
l'azzurro del mare al celeste del cielo.
Se esiste? Beh... mettiamo che tu
mi chieda... appunto, se possiamo toccarlo.
E va bene, poiché ci tieni
un giorno ci andremo, ma sappi fin d'ora
che non sarà tale e quale.

Daniele

giovedì 8 novembre 2012

seconda parte................(lippolappi)



L’arrivo di Victorino fece lentamente diminuire il ballo, il battito delle mani e la musica, fin quando tutto tacque e tutto si fermò; Victorino vide la sua espressione riflessa nelle facce dei piccoli abitanti, quello sguardo che loro avevano era di sbalordimento ed incredulità, e lui era convinto che anche il suo sguardo fosse in quel modo. Si avvicinò a lui Chupa, quello che si presentò come il capo del villaggio, era leggermente più alto degli altri e forse per questo era stato eletto capo; Victorino fece un passo avanti e mentre salutava con un semplice cenno della mano, pensò che la leggenda che narrava della loro statura era vera, non superavano a colpo d’occhio i centoventi centimetri di altezza. Sorrise pensando che forse anche la leggenda che avessero dei poteri magici poteva essere vera.
Chupa contraccambiò il saluto alzando il piede destro: -Evlas, oreitserof.-
-Evlas, oreitserof- rispose Victorino.
Un ohhhh di incredulità si levò dalla folla, il forestiero parlava come loro.
-Emoc iaf a erecsonoc al artson augnil ?- domandò sbalordito Chupa.
-Emoc iaf a erecsonoc al artson augnil ?- ribatté prontamente Victorino.
Ora le risate occuparono il posto dell’incredulità della gente, ma Victorino si rattristò vedendoli ridere di lui.
-Perché sei diventato triste uomochecamminalento ?- chiese Chupa.
-Perché sono venuto a cercarvi, per dimostrare a quelli che mi deridono, che non sono scemo come loro credono, ma anche voi ridete di me.-
-Noi abbiamo riso di te, perché hai risposto alle mie domande con le mie stesse domande ed allora abbiamo capito che non conosci la nostra lingua. A proposito come ti chiami ?-
-Il mio nome é Victorino Loco.-
-Il mio nome è Chupa e questi sono i LippoLappi, sono felice di conoscere il tuo nome, ma tu per noi resterai per sempre uomochecamminalento.-
-Chiamatemi come volete.-
-Cosa sei venuto a cercare ?-
-Sono venuto a cercare voi, per vedere se esistevi e per dimostrare a me stesso che sono un uomo come un altro.-
-Tu sei migliore degli altri, perché tu ci sei riuscito e loro no.-
-Tu parli molto bene la mia lingua, dove hai imparato ?-
-Da libri che ho trovato nella foresta, forse lasciati da quegli uomini che si credono migliori di te. Ma ora vorrei che tu venissi a sedere intorno al fuoco insieme alla mia gente, sei il benvenuto.-
-Olopop ied ippaLoppiL, otnelanimmacehcomou àrats nif ehc àrrov noc ion, ehc ais li otunevneb.- esclamò Chupa al suo popolo.
-Ehc ut ais li otunevneb.- gridò la tribù.
-Cosa avete detto ?- chiese curiosamente Victorino.
-Ho spiegato loro che rimarrai qualche giorno qui con noi e loro ti hanno dato il benvenuto ed ora andiamo a sederci.-

michele

lunedì 5 novembre 2012

                              Victorino Loco.


                                                
                                Secondo me...


Renato

sabato 3 novembre 2012

GLI ALBERI

Passare attraverso alberi
senza conoscerne il nome;
leggere nomi di alberi
senza riconoscerne l'aspetto.



LA PERGOLA

La pergola, la panchina.
Adolescenza. Pietra più preziosa
di tutta la cristalleria, legno e tralci
teneri come nessuna stoffa di tenda
o lana di tappeto. A lungo ho preso
per casa mia quell'angolo appartato
dei giardini pubblici con i giochi per bambini,
dove venivo quando i bambini si cullavano
nel sonno e le sagome di pioppi
e abeti circondavano i miei silenzi.
Una pergola, una panchina. Fantasticherie.
Silenzi.



L'ADDIO

L'addio va dato
un giorno prima. Non alla fine.
La fine è convulsa, non ha
memoria.

Daniele

venerdì 2 novembre 2012

storiella in cinque parti.....parte 1



LA BALLATA DEI LIPPOLAPPI
Victorino Loco si era stufato di essere considerato lo scemo del villaggio soltanto perché era un uomo molto buono, parecchio ingenuo e pronto a dare una mano a chiunque ne facesse richiesta; addirittura molte volte era lui stesso a chiedere agli abitanti di Tarabaral, se avevano bisogno di aiuto. Ma per questo non riteneva di essere, a differenza del pensiero degli altri, uno scemo.
Tutti si burlavano di lui e lo deridevano, e quel pomeriggio, dopo aver smesso di colorare la staccionata del giardino dove viveva con la vecchia madre, decise che avrebbe dimostrato a tutti che lui era come loro e non un tonto come loro pensavano.
Doveva però fare una cosa che agli altri non era riuscita, ci pensò molto ed alla fine decise di andare nella vicina foresta di Shakakan, dove viveva una tribù, famosa per la bassa statura e per i poteri magici. Nessuno era mai riuscito ad arrivare al villaggio dei LippoLappi, così si chiamava quel misterioso popolo; la foresta era inesplorata e difficile da attraversare, sembrava che, a detta di coloro che avevano provato farlo, fosse stato costruito un grossissimo labirinto per impedire a chiunque di avvicinarsi al villaggio. L’idea di andare a conoscere questo popolo del quale aveva sentito narrare molte leggende, rese molto felice Victorino Loco, il quale con il suo sigaro preferito, l’Harriba, stretto tra i denti, s' incamminò verso la foresta passando davanti all’osteria “El Cocorito”, dove i vecchi abitanti di Tarabaral si ritrovavano. Aveva un grosso sorriso stampato sulla faccia e quando disse loro quello che aveva intenzione di fare, pur sentendosi deridere, continuò la sua strada e continuò a sorridere. Le risate della gente continuarono a fare da sottofondo fin quando Victorino non fu entrato per una decina di metri dentro quella maestosa boscaglia, dopo furono sommerse dall’incredibile silenzio che caratterizzava quell’imponente foresta.
Camminò per ore, la penombra stava oscurando il cielo molto rapidamente, quel labirinto di foglie, arbusti, alberi e piante di vario genere sembrava non avere via di uscita, anche la molta pazienza e l’innata calma di Victorino parevano scomparire, quando improvvisamente sulla sinistra di un grosso albero, apparve una luce fioca ed un suono sommesso.
Dopo aver osservato per qualche minuto ciò che aveva intorno, Victorino decise di andare verso quella direzione, e lentamente, mentre lui si avvicinava, la luce aumentava di intensità e il suono dolcemente si trasformava in una piacevole musica. Arrivò in una spianata grande quanto due volte la piazza del suo paese, la foresta era tutta intorno alle capanne costruite in cerchio agli estremi della spianata; nel mezzo di essa c’era un grande falò ed alcune piccole persone danzavano intorno al fuoco, mentre un'enorme folla seduta, seguiva il ballo scandendo il ritmo della musica con il battito delle mani.

Michele..............

tanto per ricordare..........



Improvvisamente…………………..

Manca poco al cambio turno, ma io son già sul reparto,
un caffè, qualche chiacchiera con gli amici e colleghi di lavoro,
prendo gli attrezzi e dietro una chiamata di guasto parto,
gli amici ridono perché a lavorar vado io e non loro.
Non so cosa mi aspetta, è un guasto da pronto intervento,
cammino lentamente tra polveri e detriti, cosa normale,
osservo a destra ed a sinistra, all’improvviso un fischio sento,
polverone, buio fitto, scoppi e fiamme che fanno male.
Vedo bambini rincorrere un pallone, uccellini in svolazzata,
sento una dolce armonia penetrare negli orecchi,
poi  il silenzio, vedo gente che corre all’impazzata,
intorno a me con le mani tra i capelli, uno, due son parecchi.
Sento urla, lamenti e grida ed una sirena suonare,
chiudo gli occhi e vedo i miei bambini che non potrò più salutare!!!!


Michele………………