sabato 17 novembre 2012

lippolappi....ultima parte.....(ho pensato che 5 erano troppe!)



La notte trovò Victorino seduto insieme alla tribù dei LippoLappi, mentre con il battito delle mani ritmava quella musica che era ballata, intorno ad un fuoco, da una decina di piccole persone. Mentre mangiavano bacche e frutti selvaggi e bevevano acqua ed una bevanda ricavata dalla lavorazione di alcune erbe, Victorino spiegò a Chupa come era riuscito a superare la strada dimenticata dal sole, così era chiamato quell’arcano labirinto vegetale.
La mattina, dopo una tonificante ed esauriente dormita, Victorino venne accompagnato in una indimenticabile passeggiata da Chupa ed altri tre LippoLappi. Durante la loro camminata incontrarono animali e piante che Victorino non aveva mai visto e neanche sentito parlare; rimase molto affascinato e mentre osservava, pensava alla faccia degli abitanti di Tarabaral quando gli avrebbe riferito delle sue scoperte.
Incontrarono la buzzotta che riposava sotto un grande baobab, con il pelo marrone che ricopriva interamente il suo corpo tranne che le zampe e la pancia. La buzzotta, in conseguenza alle grandi abbuffate di frutta, erbe, piccoli animaletti e tutti i tipi di insetti, era grossissima, la pelle era talmente tirata che sembrava dover scoppiare da un momento all’altro; i suoi lunghissimi arti superiori, sproporzionati al resto del corpo, li servono per procurarsi il cibo, infatti spiegava Chupa che quell’animale viveva per circa un mese sempre sdraiato sulla schiena e mangiava quello che riusciva a prendere con quelle sue lunghissime zampe, poi improvvisamente spariva, forse per accoppiarsi, e quindi ritornava a vivere per lo stesso periodo in un posto qualsiasi; e questa era la vita della buzzotta fino alla morte.
Continuando a camminare arrivarono sulle sponde di un lago, dove Victorino venne attratto da una folta distesa bianca di piume in mezzo ad esso. Chupa spiegò che quegli erano gli acquerotti con il lungo becco a punta, con il quale infilzano la preda, che può essere pesce o rana, ed avevano delle caratteristiche singolari : non uscivano mai dall’acqua tranne che per fare i propri bisogni, il colore delle loro piume cambiava dal bianco all’avorio quando scendevano le prime ombre della sera e contemporaneamente emettevano un grido stridulo, e quello era l’unico momento in cui si poteva udire la propria voce.
Un puzzo insistente perforò le narici di Victorino, si guardò intorno, ma non vide nulla di strano, solo un animale simile alla papera, ma con un busto molto pronunciato, con grosse zampe e becco color arancione ed un corpo dalle piume avorio e soffice. Victorino chiese a Chupa cosa era quell’odore strano, il quale gli indicò quello strano animale chiamato squaquerotta, molto ricercata dalla tribù per costruire con le sue soffici piume accoglienti giacigli e per queste proprietà era un animale solitario, lei fuggiva dagli uomini per non essere catturata, e gli altri animali fuggivano da lei per colpa di quel puzzo che emanava, che altro non era che la sua caratteristica di fare i propri bisogni mentre camminava, ma non lo faceva solo quando aveva la necessità, ma come camminava lasciava un inconfondibile e puzzolente traccia.
Victorino continuava ad essere affascinato da quel mondo sconosciuto e fantastico, sorrideva al pensiero di come gli abitanti lo avrebbero osannato e riverito dopo il suo racconto di quello che stava vivendo ed osservando.
Venne risvegliato dai propri pensieri da una dolce musica proveniente da dietro un cespuglio di fiori, pensò che ci fossero dei LippoLappi ed andò a vedere, ma come si trovò al di là dei fiori, la musica la sentiva alle proprie spalle, tornò da dove era venuto e trovò Chupa ed i LippoLappi che sorridevano; chiese il perché e loro gli indicarono i fiori, Victorino si voltò a guardarli, e pian piano osservandoli notò che quell’insieme di fiori gialli, rossi e blu, stavano danzando in armonia alla musica che loro stessi producevano, Victorino quasi incredulo rimase alcuni minuti ad osservarli ed ascoltarli, Chupa si avvicinò a lui, e sommessamente, per non disturbare l’evento, gli disse all’orecchio che si trattava dei fior di Tersicore, in onore alla musa della danza.
Ancora incredulo per quello che aveva visto, Victorino accompagnato da Chupa e dai LippoLappi, si incamminò verso l’accampamento, era giunta l’ora del pranzo, camminando ed osservando tutte quelle meraviglie della natura a lui ignote si era totalmente dimenticato del tempo, ma il suo stomaco lo fece riprendere da quell’estasi, stava ferocemente brontolando e doveva mangiare qualcosa per placarlo.
Mentre si avvicinavano al villaggio Victorino era immerso nei suoi pensieri, mentre i LippoLappiani raccoglievano alcune erbe che avrebbero fatto parte del pranzo seguente, improvvisamente un rumore continuo attirò la sua attenzione, Chupa fece cenno a Victorino di fermarsi, poco lontano da loro stava passando un cagnaro, così lo chiamò il capo villaggio, animale molto simile al lupo; muso lungo ed affusolato, schiena arcuata verso il basso, manto striato e peloso con strisce di pelo nero alternate a strisce di pelle con assenza del pelo stesso. Il rumore provocato in continuo dal cagnaro, è dovuto ad una malformazione congenita della mandibola inferiore, che l’impedisce di chiudere completamente la bocca per evitare che i denti canini superiori penetrino nel labbro inferiore, perciò la loro bocca rimane sempre aperta emettendo questo strano verso, detto cagnio, ma tutto ciò non impedisce lo svolgimento regolare della propria esistenza, infatti pur continuando a cagniare, riescono lo stesso a dormire e mangiare normalmente.
Chupa notò che il cagnaro era in assetto di caccia, e quindi dopo aver osservato intorno a lui fece notare a Victorino la presenza di un animale a lui ignoto, questo era talmente piccolo e strano che non si riusciva a capire dove avesse la testa e dove la coda. Seppe da Chupa che era il cibo prelibato del cagnaro e che la vita di quel piccolo animale dal pelo soffice e nero chiamato pellicciaro era molto breve, ma avendo una vita sessuale intensissima, circa tre/quarti della loro giornata, riuscivano a sopperire al fatto di essere un prelibato cibo, con una riproduzione continua. Victorino ebbe appena il tempo di analizzare la situazione, che la teoria divenne pratica, il cagnaro assalì velocemente il pellicciaro e saziò momentaneamente la sua fame.
Arrivarono poco dopo al villaggio, la tribù dei LippoLappi era in attesa di loro, tutti seduti in cerchio in tanti piccoli gruppi, l’aria era freschissima e pulita, il sole altissimo, l’atmosfera era gioiosa. Il pranzo fu ottimo e Victorino pur non avendo mangiato soltanto erbe, quell’accozzaglia di bacche mai viste e frutti selvaggi mai assaggiati, provocò in lui una sensazione di piacere mai provata nella sua giovane vita. Si gustò quel momento in maniera molto avida, continuando a pensare alla faccia che avrebbero fatto i suoi amici al racconto di quei due giorni indimenticabili.
Chupa dopo aver mangiato, accese una lunghissima pipa e dopo aver fatto alcune boccate gliela offrì, Victorino accettò volentieri e chiese al capo villaggio cosa era che li rendeva così felici.
Chupa lo guardò negli occhi e disse che la loro felicità era dovuta al fatto che i forestieri non conoscevano il loro mondo e per fortuna non erano riusciti, tranne lui, a trovare la strada per arrivare a conoscere quel mondo fantastico. L’arrivo del mondo estraneo avrebbe significato la fine del loro villaggio e la conclusione di quel paradiso terrestre. Victorino a quelle parole si guardò intorno, osservando quei piccoli uomini e quelle donne minute, notò alcuni bambini giocare divertiti con dei piccoli animali, chiamati pillotteri, simili allo scoiattolo con il muso che ricorda vagamente il topo ed il corpo ricoperto da pelo rosso tranne la testa ed una striscia sul davanti che sono bianche e rimase impressionato dal fatto che, quegli stessi animaletti, con le loro piccole zampe giocavano, toccavano, ritoccavano, rigiravano e giravano tutto ciò che trovavano.
Chiunque di loro guardasse, vedeva la felicità e la serenità stampata sul viso, anche l’atmosfera che lo circondava era carica di queste emozioni, vide la semplicità della vita, notò l’amore per le piccole cose, imparò l’importanza della natura e capì che tutto quello era il potere magico dei LippoLappi.
Decise di partire e salutò uno ad uno tutti gli abitanti del villaggio, salutò per ultimo Chupa con il quale aveva vissuto ore indimenticabili, l’abbraccio risultò molto intenso e quando voltò le spalle a quel mondo, a Victorino uscì una lacrima, si asciugò con la manica della camicia e cominciò a percorrere la strada dimenticata dal sole, impiegò alcune ore a ritrovare la via del suo villaggio, e mentre la penombra stava facendo il suo ingresso nella giornata, udì in lontananza il grido dell’acquerotto. Voleva arrivare il prima possibile, per raccontare tutto quello che aveva vissuto, cominciò a correre, ma non riusciva più a trovare l’uscita; ci riuscì solo a notte fonda, quando cominciava a temere di non poter più uscire da quel labirinto vegetale. Andò direttamente a letto rimandando il racconto alla mattina seguente, decise che sarebbe andato a fare colazione all’osteria “El Cocorito” ed allora avrebbe ottenuto, raccontando la sua esperienza, il rispetto degli altri.
E così accadde, la mattina dopo essersi svegliato e lavato, si vestì e con passo fiero si avviò verso il ritrovo degli abitanti di Tarabaral, che non appena lo videro cominciarono a prenderlo in giro asserendo che si era perso per due giorni nel labirinto, le risate e le derisioni si moltiplicarono nel giro di pochi minuti. Victorino avvicinandosi a loro pensò a quello che sarebbe successo ai LippoLappi se quelle persone avessero saputo la verità, pensò a quei volti sorridenti in quella fantastica atmosfera, pensò a quegli sconosciuti animali ed a quella meravigliosa vegetazione, pensò all’intenso abbraccio con Chupa e quando l’oste del “El Cocorito” gli chiese dove era stato gli ultimi due giorni, Victorino si accese un sigaro Harriba e rispose che si era perso nella foresta. Le risate assalirono prepotentemente l’atmosfera mentre Victorino, additato e deriso alle spalle, ritornava lentamente verso la staccionata che doveva essere finita di colorare.
Un sorriso nacque sulla sua faccia felice e spensierata.

Michele

5 commenti:

  1. Bravo!! Il racconto ti tira dentro perché vuoi andare a vedere come finisce e la conclusione è sorprendente e intelligente!! Un piccolo brivido! Complimenti

    Daniele

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  2. Victorino, ovvero della profonda ed innata bontà dei semplici...
    Mi è piaciuto, leggero di leggerezza calviniana.
    Solo un appunto, se mi consentite: un correttore di bozze non vi farebbe male... :-)

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  3. Victorino è un bel racconto.
    E la correzione delle bozze la farà chi di dovere quando andrà in stampa!! :P

    Renato

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  4. Cara Fernanda,
    innanzitutto grazie di cuore per esserci.
    Credo che in questo blog nessuno di noi abbia voglia di fare il correttore o il censore degli altri.
    Come dire, o prendere o lasciare... o chiudere un occhio.
    Continua a mandarci i tuoi bei commenti!!!

    Daniele

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  5. Cara Fernanda,
    innanzitutto grazie di cuore per esserci.
    Credo che in questo blog nessuno di noi abbia voglia di fare il correttore o il censore degli altri.
    Come dire, o prendere o lasciare... o chiudere un occhio.
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    Daniele

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